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Anno edizione: 2017
Anno edizione: 2019
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Girifalco, Calabria interna in provincia di Catanzaro, piccolo paese a cavallo tra jonio e tirreno vive la sua vita di sempre. O almeno così sembra. Un postino solitario contempla, dalla sua posizione privilegiata che gli consente l'accesso alle missive, le vite altrui e ne carpisce i segreti. Amori, affari, problemi di salute, politica locale: tutto passa sotto i suoi occhi. Ma un bel giorno il postino non si limita più ad osservare, decide di intervenire, cambiare il corso delle cose. Ed eccolo scrivere false lettere, tentare di conoscere i mittenti, far esplodere le magagne dell'amministrazione comunale: tutto per seguire una propria morale ed il bene comune. Non mancano misteri e colpi di scena in questa promettente opera prima di Domenico Dara.
Il “Breve trattato sulle coincidenze” è un libro magico. Per spiegare questa magia, niente di meglio che citare questo pezzo a pagina 233: “… mancava la piccola lente d’ingrandimento… L’aveva trovata bambino in una scatola di scarpe ammucciàta sotto un comò. Per il bambino era un vetro strano, che da una parte ingrandiva le cose e dell’altra le rimpiccioliva, magico come tutti gli oggetti che recano in sé una proprietà e il suo contrario: possedere le estremità di una cosa, di un fatto, di un concetto, è come possederlo completamente, e la lente, che coglieva in sé il più vicino e il più lontano, possedeva lo spazio intiero”. A mio modesto avviso, questa è la chiava di lettura del romanzo perché questo lavoro contiene in sé tante estremità di tante cose. La fabula del libro è molto semplice: è la storia di un postino che legge la posta dei suoi compaesani. Nonostante ciò, il breve trattato è tante cose allo stesso tempo, dipende da come lo si vede, lo si legge, lo si sente: è una poetica riflessione sulla vita (“…non provò né odio né rancore, che la causa di tutto era un uomo sofferente e solo come lui, schiacciato anch’esso dalle ruote del Caso, le cui gioie la vita le aveva strappate una per una come petali di una margherita…”, pag 269), è una storia d’amore, è un giallo su di un antico misfatto che pende sulla comunità alla guisa di un peccato originale. Il teatro della vicenda è un paesino calabrese con tutte le caratteristiche di un Macondo nostrano, dove si consumano le esistenze e soprattutto i segreti di tanti personaggi diversi tra loro che hanno in comune una sola cosa: il postino. Il postino è un uomo molto particolare che ha fatto del suo mestiere non tanto una missione, quanto una filosofia di vita… per sopravvivere… che ha come epicentro le coincidenze. È un uomo che non rispetta il codice deontologico del proprio mestiere, legge la corrispondenza degli altri, un comportamento da biasimare. Tra l’altro fa cose ancora più strane, del tipo che si porta a casa le mutandine di una compaesana e ci dorme insieme sognandola (“E così come tante altre volte, la giornata del postino si concludeva là dove era iniziata, nel mezzo del sogno di una vita che apparteneva ad altri – pagina 241”). Ci troviamo di fronte a una persona dal comportamento morboso, fa venire i brividi, eppure proviamo simpatia per lui perché non è mosso da una semplice curiosità. Leggere i segreti degli altri per lui ha un significato molto più profondo, appartiene alla sua personalissima filosofia che ha come epicentro la coincidenza e che troviamo espresso perfettamente a pagina 57: “Al postino era sempre piaciuta la fiaba di Pollicino, soprattutto la trovata dei sassolini lasciati sul sentiero per trovare la strada di ritorno. Assillato dal dubbio se la vita che viveva era quella autentica, anche a lui gli sarebbe piaciuto rinvenire sulla strada i sassolini della giustezza. Di pietruzze, letteralmente parlando, non ne aveva trovate, tuttavia andò studiando e ponderando a cosa corrispondessero nella vita reale, quali fossero cioè gli indizi, le tracce, i segni che indicassero la strada da percorrere. .. Il postino stabilì che i sassolini che tracciano e indicano il giusto cammino della nostra vita si chiamano coincidenze. La coincidenza è il sassolino lasciato sul sentiero per indicare la via del ritorno, l’incontrovertibile prova che noi ci troviamo nel punto in cui avremmo dovuto essere..”. Di fronte a un libro come quello di Domenico Dara una qualsivoglia recensione o definizione è un atto di violenza perché, come avrebbe detto Alberto Moravia, “ogni definizione equivale a un’amputazione”. Non è un caso, infatti, che io abbia usato tante citazione prese dal libro per rendere solo lontanamente la sua bellezza, la sua profondità. Comunque dovendo perpetrare necessariamente questa violenza perché è mio grande desiderio promuovere la lettura di questo capolavoro, posso dire in qualità di lettore che si è veramente appassionato a queste pagine, che il “Breve trattato sulle coincidenze” è forse uno dei romanzi più potenti in assoluto degli ultimi anni. Appartiene a quegli strani oggetti frutto dell’ingegno umano che allo stesso tempo creano sentimenti opposti i quali per sussistere necessariamente devono andare a braccetto.
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