Cd di Henry Purcell

Compositore inglese. Figlio di un musicista, fu dapprima cantore nella cappella reale. Nel 1673, quando mutò la voce, divenne aiutante del custode degli strumenti di Carlo ii. Nel 1677 fu nominato compositore per i «violini del re», nel 1679 organista dell'abbazia di Westminster, nel 1682 fra gli organisti della cappella reale. La sua prima opera pubblicata fu una serie di sonate a tre (Sonatas of three parts, 1683). I suoi incarichi ufficiali continuarono sotto Giacomo ii e Guglielmo iii. Fu sepolto nell'abbazia di Westminster.
La musica teatrale. P. incominciò a scrivere musiche di scena nel 1680, ma la maggior parte della sua musica per il teatro fu composta negli ultimi anni della sua vita, dal 1690. Il suo contributo alle singole opere fu di tipo assai vario: in certi casi scrisse soltanto l'ouverture e gli intermezzi strumentali, in altri solo alcune arie. Alcune composizioni sono più dense, specialmente The Prophetess, or the History of Dioclesian (1690), King Arthur, or the British Worthy (1691) e The Fairy Queen (1692). Il testo di King Arthur è di Dryden, che lo concepì sul modello che gli inglesi a quel tempo chiamavano «opera», cioè una commedia con una certa quantità di musica. The Fairy Queen è un adattamento del Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare, ma le aggiunte al testo sono tante che, in realtà, nessun brano di Shakespeare risulta musicato. Tutti questi lavori, concepiti in primo luogo come spettacolo con elaborati cambiamenti di scena, comprendono non solo canzoni di scena e danze, ma anche intere scene in musica. P. scrisse una sola opera nel senso italiano del termine: Dido and Aeneas (Didone ed Enea, 1689), composta per una scuola femminile. Essa tradisce l'influenza francese, e sembra essere stata modellata, in certa misura, sul mask di John Blow Venus and Adonis. P. vi spiega un acuto senso della scena; la musica per la maga è raffinata come quella delle opere di Lully.
Le canzoni, le odi e gli «anthems». Una parte importante dell'opera di P. come compositore di corte fu la serie delle «Canzoni di benvenuto» (Welcome songs) per Carlo ii e Giacomo ii, scritte in occasione del ritorno del re a Londra. La prima è del 1680. Compose anche 6 Odi per il genetliaco della regina Maria, moglie di Guglielmo iii. Si tratta, in un caso e nell'altro, di ampie cantate che mostrano un progressivo sviluppo dell'immaginazione del compositore, malgrado i testi fossero spesso assai mediocri. In qualche modo paragonabili alle odi, per quanto riguarda la struttura, sono gli ampi Inni «completi» («Full» anthems), cioè per soli e coro con accompagnamento d'orchestra, dei quali il più elaborato (doppio coro, due organi e orchestra di archi e fiati) è My heart is inditing of a good matter, scritto per l'incoronazione di Giacomo ii nel 1685. La produzione di musica sacra declinò considerevolmente negli ultimi anni, sia perché le risorse della cappella reale erano più modeste, sia perché P. era impegnato con la musica per il teatro. A parte le musiche di scena, P. scrisse moltissime Canzoni, per lo più profane, la maggior parte delle quali furono pubblicate nelle raccolte del tempo. Come autore di canzoni P. fu grandissimo, grazie al suo orecchio infallibile per l'accentazione delle parole e alla sua capacità di modellare impeccabilmente una linea melodica: ciò è evidente sia nelle melodie semplici, sia nelle parti espressive, simili al recitativo, comprese in composizioni di più ampio respiro. Rese anche omaggio al gusto del tempo scrivendo un certo numero di Canoni (catches), la maggior parte a tre voci, i cui testi riflettono spesso la licenziosità del periodo della restaurazione.
La produzione strumentale. Impareggiabile autore di canzoni, sembra tuttavia che P. abbia iniziato la sua attività di compositore nel campo della musica strumentale. Le sue prime opere che ci rimangono sono infatti 12 Fantasie per viole a varie parti (1680), composte secondo l'antica tradizione inglese ma con un trattamento assai originale delle progressioni armoniche. Fra le più interessanti è la Fantasia sopra una nota a cinque parti; la quarta parte consiste in un pedale di do, affidato per tutta la durata del pezzo alla seconda viola, attorno al quale le altre parti intessono un abile ricamo sonoro. Legami con la tradizione sono riscontrabili nelle 12 Sonate a tre del 1683, malgrado nella prefazione sia scritto che il compositore «ha fedelmente tentato una giusta imitazione dei più famosi maestri italiani», e nella serie delle 10 Sonate a quattro pubblicata nel 1697, dopo la morte di P., e comprendente fra l'altro un'ingegnosa ciaccona. Indubbiamente vi sono forti elementi italianizzanti in queste opere, soprattutto nei movimenti lenti; ma un paragone con le Sonate da chiesa di Corelli del 1683 mostra che lo stile italiano è generalmente più diretto nell'espressione e meno incline a quella sottigliezza che P. ereditò dai suoi predecessori inglesi. La più nota fra le sonate è la Golden Sonata, con un suggestivo adagio costruito su una fantasiosa successione di appoggiature.
L'opera complessiva e il suo significato storico-artistico. L'opera complessiva di P. riassume i caratteri originali di un'epoca di transizione della musica inglese, poco prima che essi vadano sommersi dalla grande ondata dello stile tardobarocco italiano, che con Bononcini, Händel ecc., investirà la tradizione locale. Formatosi nell'ambiente di corte, presso la quale consuma la sua breve carriera (muore a 36 anni), P. aderisce a tutte le convenzioni e ai manierismi di quella società, traducendo anche le suggestioni provenienti dai modelli italiani e francesi (l'intensità espressiva degli uni, l'aulicità degli altri) in una sensualità sonora fine a se stessa, non opulenta, ma delicata e leggera, quasi fanciullesca, rispondente a una concezione della musica quale decorazione e ornamento. Per tale sensibilità, poeticamente diffusa nella sua scrittura corale, nelle sue soluzioni orchestrali, nel trattamento delle dissonanze, nella grazia delle sue linee melodiche, P. fu il genio musicale dell'epoca cosiddetta della Restoration (la «restaurazione» degli Stuart) in cui visse.