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"Cade la terra" è un trattato di abbandonologia (termine coniato dall'autrice per definire il suo interesse per i paesi abbandonati) in forma narrativa. La storia, onirica e apparentemente nebulosa, è un pretesto per riflettere sull'importanza delle radici, delle origini e sul dramma di chi le perde, a volte per sempre, come avviene agli abitanti del paese immaginario descritto nel romanzo (ispirato comunque a un paese della Campania) che deve cedere ogni giorno un pezzetto di terreno all'inesorabile frana che alla fine lo fagocita.
Un romanzo corale, di storie di gente grande e piccola, di sofferenze umane, colte e raccontate dalle case abbandonate, dagli oggetti lasciati dietro di sé, in un paese del sud abbandonato e in disfacimento geologico e metaforico. L'attenzione dell'autrice a ciò che resta di tanti esseri umani è anche linguisticamente evidente, nel recupero di parole scomparse e nel fraseggio attento ai dettagli. Peccato che tanta concentrazione sul passato vada a scapito del futuro e, di conseguenza, della speranza, futuro e speranza che la protagonista nega a se stessa e agli altri, a suo dire per paura, ma in realtà per ragioni ben più serie e profonde.
l titolo è già tutto un programma: è un verso di Autunno, una poesia di Rilke, che fa così: Ed ogni notte pesante la terra cade dagli astri nella solitudine. E si capisce bene fin da subito che siamo in un mondo sottosopra, in cui a cadere non sono le stelle, bensì la Terra, che sprofonda nella solitudine. Il romanzo nasce dalla curiosissima professione dell’autrice, che fa l’abbandonologa (neologismo creato ad hoc, ecco la definizione della Treccani: “Chi perlustra il territorio alla ricerca di borghi abbandonati, edifici pubblici e privati in rovina, strutture e attività dismesse di cui documentare l’esistenza e studiare la storia”) e trasporta le impressioni, le suggestioni nate dall’ambito lavorativo sulla pagina bianca con ottimi risultati. Pellegrino immagina il progressivo ritorno di chi ha abbandonato quei luoghi ora vuoti, lasciando un’azione a metà, una finestra socchiusa, un ciocco di legno accanto al camino, il giornale sulla sedia. La terra e l’acqua e le intere potenze metereologiche si abbattono sul borgo inventato di Alento che inizia a sciogliersi, portandosi via, nei suoi rivoli, anche gli abitanti. E allora Estella, la protagonista, deve sbrigarsi, per preservare le voci, le storie di Alento: un anarchico, un venditore di vasi da notte, una donna che non vuole sposarsi, un banditore cieco, una figlia che immagina favole, un padre abile nel distruggerle. Uno stile che è come il romanzo: poetico ed evocativo, affascinante e misterioso; e una lingua che è complice della nostalgia, ma si ferma come una lente di ingrandimento sui tanti dettagli che racchiudono i segreti di interi universi. Un’altra dimensione tutta da esplorare!
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