Roma, non altro
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Questa raccolta di scritti (per lo più articoli apparsi su “Paese Sera”) rappresenta un’ampia testimonianza dell’affetto che Dolores Prato nutriva per Roma. Come efficacemente sottolinea la curatrice Valentina Polci, i suoi articoli erano “digressioni sulla romanità e su Roma, o denunce, neanche troppo velate, di una città distrutta nel suo carattere universale innanzitutto dall’annessione, dal suo divenire capitale d’Italia, ma anche dal fascismo e dalla tendenza alla globalizzazione della società contemporanea”. Ne scaturisce dunque un ritratto dolceamaro, in cui ai fasti di una città imperiale si sostituisce progressivamente l’immagine di una “città qualsiasi”, e le tradizioni popolari perdono di significato soppiantate da una nuova romanità. Insomma, “un pezzetto alla volta, ora grosso ora minuscolo, Roma scompare”, e i romani “sono una minoranza che non fa neppure l’opposizione”. Pensare che questo decadimento è registrato già negli anni cinquanta fa riflettere su quanto poco sia stato fatto per recuperare il credito che Roma meriterebbe.