La scoperta di Dolores Prato è di quelle che lasciano il segno. Autrice di assoluta qualità, schietta, senza retorica, la Prato compone uno Zibaldone in cui i ricordi dell’infanzia costituiscono la trama per tratteggiare, con toni talora nostalgici, i luoghi e le figure che hanno popolato e segnato la sua vita. Piccoli pezzi di vita, ognuno dei quali costituisce la tessera di un unico mosaico, sul quale viene a formarsi una geografia intima e personale di Treia, un piccolo borgo che si distende sulle colline delle Marche. La Prato non si arrende a quella forma di indulgenza che spesso caratterizza le persone in tarda età, al contrario ripercorre con spirito critico – e senza risparmiare giudizi caustici, quando serve – i passaggi salienti di un’infanzia non felice, consapevole del fardello che l’accompagna sin dalla nascita: quello di essere una figlia non voluta e per questo affidata alle cure degli zii (un prete ed una donna dal passato in ombra), attenti sì ma non amorevoli. E questa condizione non può non incidere sul formarsi del carattere di Dolores, incapace di esprimere la propria personalità a causa dei legacci famigliari: “quello che ho sempre avvertito è stata la diversità sentita come inferiorità in tutto e a tutti. Questa era la mia diversità: una pena dello spirito che ha legato il corpo. Cattiva no, insofferente sì”. La Prato racconta dunque la sua Treia, il suo “ombelico del mondo”: è qui che ella vive gli anni della prima giovinezza, è qui che la sua mente ritorna, ora che anziana e quasi cieca non le resta che il ricordo del tempo passato. Giù la piazza è un libro affascinante, un capolavoro rimasto inspiegabilmente ai margini del panorama letterario, e la fortuna di averlo letto equivale ad aver colto un quadrifoglio in un vasto prato verde.
Giù la piazza non c'è nessuno
«Un affresco di una densità eccezionale, un classico della letteratura italiana del dopoguerra, la grande opera di Dolores Prato, la sua Ricerca del tempo perduto».
"Alla Ginzburg sono sempre stata, lo sono e continuerò ad esserlo, gratissima. [...] Lei ha sempre amato questo libro, con quelle manomissioni voleva renderlo più accessibile. Io salto i verbi come se qualcuno mi corresse dietro; i miei passaggi sono ponti levatoi mai abbassati; lei riduceva più intellegibile il mio modo di scrivere; ma io preferivo tenermi i miei difetti. Avevamo ragione tutte e due". Sono alcune righe scritte da Dolores Prato nel 1980 al direttore dell'"Espresso", in risposta a un articolo in cui veniva definita "rabbiosa" nei confronti di Natalia Ginzburg. Alle spalle di questa precisazione c'è una vicenda editoriale divenuta pubblica: le oltre millecinquecento cartelle di "Giù la piazza non c'è nessuno" consegnate nel 1979, di fretta, dall'ottantenne Dolores Prato a Natalia Ginzburg, vennero ridotte, per esigenze editoriali, a sole trecento pagine, pubblicate da Einaudi nel giugno 1980. L'autrice, scontenta dell'edizione parziale, continuò a rivedere il testo e preparò un nuovo dattiloscritto, il quale venne pubblicato nel 1997 da Giorgio Zampa, nella versione integrale che qui riproduciamo. "Giù la piazza non c'è nessuno" racconta di un'infanzia primonovecentesca trascorsa ai bordi d'Italia (tra case e volti di Treia, un borgo dell'entroterra marchigiano), insieme a una miriade di oggetti e parole disperse, a uno zio mezzo prete, mezzo pittore, mezzo alchimista e a una zia nubile dalle strane acconciature...
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Anno edizione:2016
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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ormos 27 settembre 2022
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Cento pagine mi possono bastare per capire che non fa per me.Peccato perché questa autrice poco conosciuta,iscritta alla categoria degli "irregolari" nel panorama della letteratura italiana del novecento, si è conquistata,soprattutto dopo morta, il rispetto della critica e di un pubblico (di nicchia) tra cui speravo di annoverarmi. Ma a me questa letteratura del paesello,dell'abituro (cito a caso: le estenuanti descrizioni degli utensili della cucina),del come eravamo,molta forma (per quanto originale nel suo essere fuori dai canoni) e poca sostanza.
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