Questo libro e' stato un po' una delusione innanzitutto lo e' stato perché erroneamente in copertina viene riportato il nome dello scrittore, ma su circa 300 pagine, di Salamov ce ne saranno meno di un centinaio. Quello che si acquista e' invece una ricostruzione storica, anche sin troppo dettagliata, dei 4 processi (tre di condanna e uno di riabilitazione della persona) di cui sono riportati tutti i verbali, le relazioni di coloro che seguivano Salamov anche dopo la definitiva scarcerazione. E alla fine di tutti i verbali, volta per volta vengono inserti testi dell'autore relativi al periodo che si prende in considerazione. E' un modo per conoscere i travagli passati dall'autore, le infinite domande negli interrogatori ripetute ossessivamente alla ricerca di una verità che non esisteva o anche i formulari riempiti dai vari incaricati ogni volta in maniera uguale che miravano solo a far ripetere all'imputato la solita nenia. Si può dire che alla fine la tragedia la vivi fino all'ultimo con lui ma, in effetti, non e' che un modo per confrontare quanto scritto da impettiti e poco onesti funzionari con i racconti dello scrittore. Quel che invece c'e' di buono in questo esercizio storico e' l'ottima introduzione che rende in maniera impeccabile il contesto storico in cui questi incartamenti hanno visto finalmente la luce. C'e' anche la selezione dei racconti di Salamov di cui i piu' belli, a mio avviso, sono quelli della Visera quando fu condannato la prima volta a tre anni di lavori forzati e "Il guanto" relativo all'ultimo processo in cui gli furono comminati 10 anni di Gulag piu' 5 di interdizione. Nel primo si trova un Salamov diverso, volitivo e che si organizza alla resistenza spirituale votato al sacrificio per quella che reputa una causa giusta; nel secondo quasi a totale contrapposizione trovi un uomo che, nonostante la fine della pena, confronta la sua vita con due guanti di cui uno vecchio e consunto e rimasto intrappolato nei ghiacci del Gulag che e' rimasto dove ha vissuto tanto orrore e l'altro, che a prima vista potrebbe apparire quasi nuovo, che invece non sembra in grado di riportare quello che ha visto e a distanza di tempo ha difficoltà nel riconoscersi e definirsi. E' in questo che Salamov, a parer di Herling diventa grande. Perche' nel momento in cui teme di non riconoscersi, si racconta nuovamente quel che ha passato, quasi un esercizio volto alla definizione del proprio essere attuale che tramite un sofferto processo di maturazione passa dal giovane che programmava la sua vita di carcerato all'uomo scheletrico, definito uno "scoppiato", salvato da un medico d'ospedale. Quindi avvicinandovi a questo testo non vi aspettate null'altro che questo, una buona ricostruzione dei fatti che videro come protagonista la lotta impari fra un uomo che si era inizialmente lasciato affascinare dal movimento Trokjsta e che viene condannato la prima volta per la sua volonta' di mantenere salde le sue convinzioni, la seconda volta perche' aveva osato contestare la pena e l'ultima volta perche' punito dai suoi stessi compagni. Quello che mi lascia invece sempre stupita e' che la vita di questo scrittore sia stata una continua contrapposizione di diabolico e di divino tra punizioni e tradimenti da un lato e mani e processi che salvano la vita dall'altro. Forse, se non ci fosse stato l'inganno iniziale del nome, questo libro avrebbe avutoun buono o un ottimo.
Alcune mie vite. Documenti segreti e racconti inediti
"Alcune mie vite" raccoglie i documenti dei tre processi, completi di tutti gli interrogatori. A delineare la personalità di Salamov, oltre ai suoi racconti su quelle vicende i rapporti informativi stilati dalle spie reclutate dalla polizia politica tra il 1956 e il 1959. Varlam Salamov, finisce in carcere, a soli ventidue anni, per i suoi legami con alcuni attivisti dell'opposizione leninista-trockista e per la stampa e la diffusione del "Testamento di Lenin", la lettera del padre della Rivoluzione nella quale sono espresse alcune riserve su Stalin e deportato in un campo di prigionia del Gulag sugli Urali, divenendo una delle prime vittime delle purghe staliniane. Nel 1931 torna a Mosca, dove collabora ad alcune riviste, scrive, si sposa e ha una figlia, mentre la polizia lo considera, a sua insaputa, un evaso: pende infatti sulla sua testa una condanna a tre anni di confino, che però nessuno gli ha notificato. Arrestato per la seconda volta nel 1937, viene mandato in Siberia nei campi di lavoro della Kolyma. Nuovamente processato nel 1943, è condannato a dieci anni di lavori forzati più cinque anni di privazione dei diritti civili per propaganda antisovietica. Rilasciato dopo la morte di Stalin, vivrà per altri ventinove anni un'esistenza precaria, segnata da problemi di salute, nonché dalla separazione dalla moglie e il rinnegamento della figlia, e però completamente assorbita dal lavoro sui "Racconti di Kolyma".
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Autore:
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Collana:
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Anno edizione:2009
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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simona scravaglieri 13 luglio 2010
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