L'assedio di Ancona. Liber de obsidione Ancone. Con testo latino a fronte - Boncompagno da Signa - copertina
L'assedio di Ancona. Liber de obsidione Ancone. Con testo latino a fronte - Boncompagno da Signa - copertina
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Letteratura: Italia
L'assedio di Ancona. Liber de obsidione Ancone. Con testo latino a fronte
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Descrizione


Ammaliato dalla splendida vista di Ancona dall’altura di San Ciriaco, Boncompagno da Signa volle cimentarsi, caso unico nella sua vita, in un’opera di storia. Nacque così il Liber de obsidione Ancone, in cui vengono descritti personaggi e dettagli di un avvenimento che aveva messo a dura prova la città: l’assedio posto nel 1173 dalle truppe di Federico Barbarossa, via terra, e dalla flotta veneziana, via mare. Nella narrazione l’intera città, che seppe resistere nonostante la disparità di forze e la morsa della fame, diventa eroe, con i suoi soldati anonimi e con i personaggi che mai più saranno dimenticati, come la coraggiosa Stamira. La loro virtù consentì ad Ancona di sopravvivere fino all’arrivo delle truppe alleate della Lega Lombarda, che dileguarono esercito imperiale e flotta veneziana.

Di quest’opera avvincente venne a sapere Ugolino Gosia, professore di diritto all’Università di Bologna il quale, quando nel 1201 fu scelto dagli Anconetani come podestà, propose a Boncompagno di rivedere il testo per una lettura pubblica in Ancona, ad elogio della città. Boncompagno accettò volentieri, i due si imbarcarono, ma all’altezza di Senigallia una tempesta li fece naufragare. Boncompagno però riuscì a portare a terra intatto l’involucro che custodiva il manoscritto, salvando per gli Anconetani di allora e per noi oggi quelle gesta romanzesche.

Dettagli

1 settembre 1999
188 p.
9788883340000

Conosci l'autore

Foto di Boncompagno da Signa

Boncompagno da Signa

(Signa 1170 ca - Firenze 1250 ca) retore italiano. Insegnò a Bologna, a Venezia e a Padova, esercitando grande influenza sui discepoli. Dei suoi numerosi trattati in latino i più importanti sono il Boncompagnus (1215 e, in seconda red., 1226), in 6 parti, e la Rethorica novissima (1235), in 13 libri, nei quali teorizzò, con felici esempi, uno stile semplice e immediato. Scrisse, a guisa di sorridente commiato dalla vita, il Libellus de malo senectutis et senis (1240 ca), dove irride l’idealizzazione ciceroniana della vecchiaia. Si distinse, tra i maestri dell’ars dictandi, per uno spirito personalissimo, arguto e motteggiatore.

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