Il 21 marzo si celebra la Giornata Mondiale della Poesia e nel libro “Bianca da morire” la poesia è così prepotentemente presente da inchiodare il lettore davanti a parole che non fanno sconti. Le lettere si susseguono graffiando, fino a fare sanguinare, il concetto su cui, almeno una volta nella vita, ognuno di noi ha detto la sua: l’Amore. L’amore degli altri. L’amore per se stessi. L’amore mancato e quello mancante. Una poetica ammaliante, seducente, essenziale, a tratti pungente, ma sempre perfetta. Una trivellazione all’interno del sentimento più abusato, alla ricerca di una ragione che spinge a ottenere – a tutti i costi – ciò che si vuole. L’amore chiama amore, il tutto sta in come si risponde a questa chiamata. La sua fame corrode dentro a ogni età, ma soprattutto a 16 anni. E alla fine ci si trova a cercarlo in maniera disperata, senza accorgersi che ci sta accanto, magari in una forma diversa da quella che si immagina. O che ci sta addosso, riconoscibile in un tratto somatico impercettibile ai più. Ed ecco la strumentalizzazione dell’altro, usato come uno specchio per ammirare l’immagine che si vuole vedere e che ci si costruisce sulla base di sogni e ideali. Nessuno è senza colpa, nemmeno l’ambiente in cui viviamo, fatto di mura, strade e persone. E se cercare un getto d’aria calda, sufficiente a scongelare un cuore imprigionato in una gabbia di ghiaccio, portasse pensieri in origine puri a comportamenti concludenti avversi? E se la bianca purezza, da mantenere al di là di ogni ragionevole dubbio, cedesse il passo al nero vortice di sentimenti che scavano rabbiosi dentro l’animo umano? Leggendo questo libro si assiste all’esplosione di un sogno e allo sfondamento della superficialità a opera della sete d’amore. Si viene investiti da una polvere di stelle che ha la fattezza di schegge nel cuore e che Elena Mearini scandaglia con una profondità disarmante, strizzando l’occhio a una modalità poetica impeccabile.
Bianca da morire
Nella Milano dei giardini verticali e della rinascita urbana, si muove Bianca, sedici anni, papà camionista e mamma casalinga, studentessa dell'Artistico, viso da diva anni Quaranta e unghie laccate di blu, quattro stelline bianche su ciascuna. Della vita sa due cose. Sa che non vuole diventare come sua madre, precocemente sfiorita in un sonnambulismo dei sentimenti e delle velleità, asservita ai bisogni di marito e figlio maschio, ma cieca davanti ai bagliori di speranza negli occhi della sua ex bambina. Sa che vuole diventare una star del cinema, oggetto di invidie femminili e di sogni maschili. E per farlo, è pronta ad ascoltare la più nera parte del cuore. Mentire, manipolare, sedurre. Uccidere. Per lei il corpo è un'arma letale, strumento di affermazione, di riconoscimento. Un corpo-arma per non morire anonima. Dove il linguaggio della cronaca e i sociologismi sul disagio giovanile non possono arrivare, Bianca da morire scava fino a toccare il grumo autentico di desideri e solitudine che partorisce azioni scioccanti. Bianca è l'incarnazione terribile delle nostre ambizioni frustrate, delle nostre paure infantili che non ci lasciano mai. Bianca è un Paese intero, che ha in Milano il suo specchio più illusorio. Bianca siamo noi.
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Anno edizione:2016
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FABIANA MARZOTTO 09 marzo 2016
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