Tanto vale dirlo subito, senza inutili preamboli: Andrea Vitali non è un artista, ma un artigiano della penna che confezione romanzi atti a far trascorre qualche ora senza necessità di spremersi le meningi, insomma la sua è una narrativa di evasione, basata sugli equivoci, un po’ come certe commedie francesi del XIX secolo a cui attingono spesso e volentieri gli autori di opere dialettali. Si sorrise, si ride anche, ma alla fine, stringi stringi, ci si accorge che sono buone solo per trascorrere un po’ di tempo in spensieratezza. Vitali ha compreso bene cosa desidera un pubblico che non vuole impegnarsi più di tanto e ha fatto la sua fortuna; tuttavia, se mediamente la qualità dei suoi romanzi è discreta, talvolta sembra svagato, poco interessato alla scrittura ed è allora che nasce un libro men che mediocre, come questo Di Ilde ce n’è una sola, imperniato su un fatale scambio di carte di identità fra un uomo e una donna, equivoco su cui si sarebbe anche potuto costruire qualche cosa di esilarante, ma che deve essere rimasto solo nelle intenzioni dell’autore, che ha dato vita a tre personaggi stereotipati (il cassa integrato che non ha voglia di far niente, la segretaria tesa verso un’improbabile carriera, il geometra tutto occupato a far soldi e che ogni tanto si concede un’evasione); sono solo tre e purtroppo, un po’ perché hanno una personalità anonima, un po’ perché Vitali li fa giostrare secondo un copione scritto non so quante volte, non sono nemmeno simpatici. Così la lettura si trascina stancamente e si desidera che la fine arrivi alla svelta, tanto che, arrivati all’ultima pagina e chiuso il libro, sono stato tentato di buttarlo nel cestino.
In luglio a Bellano fa un caldo della malora. L'aria è densa di umidità e il cielo una cappa di afa. Eppure l'acqua che scorre rombando tra le rocce dell'Orrido è capace di tagliare in due il respiro, perché è fredda gelata, certo, ma anche perché nelle viscere della roccia il fiume cattura da sempre i segreti, le passioni, gli imbrogli, le bugie e le verità che poi vorrebbe correre a disperdere nel lago, sempre che qualcuno non ne trovi prima gli indizi. Come una carta d'identità finita nell'acqua chissà come e chissà perché. Brutta faccenda. Questione da sbrigare negli uffici del comune o c'è sotto qualcosa che compete invece ai carabinieri? A sbrogliare la matassa ci pensa Oscar, operaio generico, capace di fare tutto ma niente di preciso, che da sei mesi è in cassa integrazione e snocciola le giornate sul divano con addosso le scarpe da lavoro. In quel luglio del 1970, offuscato dal caldo e dalle ombre tetre della crisi economica, armato della sua curiosità ottusa Oscar fa luce sui movimenti un po' sospetti di Ilde, la giovane moglie dal caratterino per niente facile, che forse sta solo cercando il modo di tirare la fine del mese come può. Vitali torna ai fatidici anni Settanta, alle ristrettezze che seguono il boom economico, alle fatiche di far quadrare il bilancio di casa, all'irridente spavalderia di chi ce l'ha fatta e crede di aver domato il mondo e l'avvenire. E ci regala un'altra pagina del suo interminabile romanzo lacustre specchio di vite semplici e reali.
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Anno edizione:2015
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Renzo Montagnoli 04 luglio 2019
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A cosa può portare il ritrovamento di una carta d'identità? Cosa può nascondersi dietro un documento smarrito? Queste sono le domande che sorgono nella mente del lettore durante lo svolgersi del romanzo. Con la solita leggerezza, anche questa volta Vitali ci racconta un pezzo di vita di paese. Partendo dal ritrovamento di una semplice carta d'identità ci porterà a scoprire che dell'acqua cheta, in fondo, bisogna sempre aver timore!
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GIANLUIGI MAGATTI 15 maggio 2014
Trama rapida e poco articolata. Da leggere una volta e archiviare.
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