L' emigrazione umbra in Argentina: il caso della famiglia Frondizi
«Ho un cognome importante, pieno di storia, ma una di quelle che si conoscono al di là del mare, oltre l'oceano. L'ho scoperto da bambino, quando persone dall'accento straniero mi chiedevano se mi chiamavo proprio così, con quel cognome con una sola zeta. La prima volta che sono stato in Argentina, mio padre, all'arrivo a Buenos Aires, ha lasciato che mia madre, che non sapeva una sola parola di spagnolo, sbrigasse le formalità all'aeroporto, cambiasse le lire in pesos, cercasse un taxi. Siamo stati a casa di amici e mio padre non cessava mai di controllare se la porta fosse chiusa, se ci fosse qualcuno a spiarci, a seguirci. Era il dicembre del 1993 e lui tornava nella sua amata terra dopo 18 anni di esilio. Lo aveva convinto un amico d'infanzia: "Dai, Julio, ritorna, è tutto cambiato, non dovrai temere nulla, nessuno vuol più ripensare a quegli anni bui". Io sono italiano, nato e vissuto a Roma, e la storia della mia famiglia, quella di mio padre, l'ho scoperta così, a cinque anni, in quel primo viaggio in Argentina.» (Dall'introduzione)
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Anno edizione:2020
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