Il romanzo di Graziella Brusa è in parte di pura fantasia, frutto della sua immaginazione ed in parte narrazione di circa tre secoli di storia riguardo ad una famiglia piemontese, di umili origini contadine. Monsù Birot, il capostipite, nacque poverissimo e diventò ricco, ma a quale costo; c’è la vita di ognuno di noi dentro questa tragica novella. Con l’aiuto della sua psicoterapeuta, Apollonia Birot l’unica testimone ancora in vita, racconta sé stessa, annota tutto nel suo diario, non si lascia sfuggire nulla, tuttavia nemmeno a Lei è tutto chiaro, soprattutto riportando fatti e racconti dei suoi antenati. Deve giocare con la fantasia; ricostruire avvenimenti attraverso i documenti ritrovati in un vecchio e magico armadio; legare le storie delle anime vissute precedentemente per ottenere il filo conduttore che le farà comprendere la propria vicenda umana. Graziella Brusa si sposta lungo l’asse temporale, indietro e in avanti, collocando non in sequenza gli accadimenti. Questi ultimi sono descritti come snodi, punti fondamentali a volte fortunati, molto spesso fatali e violenti. Come se da essi il disegno dapprima accennato diventi trama così intrecciata che alla fine quasi non si scorge più l’ordito. Il filo logico del discorso non si perde mai con la scrittura limpida e scorrevole quale quella della scrittrice. E’ un romanzo che consiglio vivamente di leggere. Angelo.
