La gioia, l'amore e il dolce sonno. Riflessioni sul mito e sul logos attraverso le figure di Ulisse ed Ermes - Andrea Di Martino - copertina
La gioia, l'amore e il dolce sonno. Riflessioni sul mito e sul logos attraverso le figure di Ulisse ed Ermes - Andrea Di Martino - copertina
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La gioia, l'amore e il dolce sonno. Riflessioni sul mito e sul logos attraverso le figure di Ulisse ed Ermes
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In queste pagine si è cercato di mostrare che il Mito sopravvive in mezzo a una umanità solo apparentemente demitologizzata e che la Bellezza che il Logos veicola è sostanziata dalla pluralità di sensi incarnata dalle figure mitologiche.

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Libro universitario
80 p.
9788857522814

Valutazioni e recensioni

  • ANDREA DI MARTINO

    Che senso ha oggi occuparsi di mito? Forse nessuno. Quantomeno non un senso evidente, ma una costellazione di sensi all'interno della quale interrogarsi su quel che siamo o che, per dirla alla Montale, non siamo. Nella sua sintesi più estrema il mito è racconto e parola. L'uno intrecciato all'altro, profondamente, inesorabilmente. Non potremmo immaginare l'Aurora se non con le "dita rosa", non potremmo pensare Ulisse senza astuto e ad Afrodite senza sorriso. Il racconto è costellato di parole che scolpiscono dentro, nel nostro cuore, nelle nostre anime. Pura finzione, vaneggi della mente, bagatelle dell'immaginazione? No, semmai il Mito consente di ampliare lo spettro dei colori che informano la realtà percepita e pensata, fino a comprendere gli ultravioletti che solo la narrazione contempla ed esige. L'immaginazione solleva il lembo alla realtà, proprio come in Truman Show, e ci dice, ci sussurra e ci urla in faccia, che quel che facciamo e diciamo quando siamo mossi dal cogito cartesiano non basta, palesa il fiato corto. L'immaginazione libera dalle pastoie dell'Ego, libera ciò che è ambivalente e che il principio di non contraddizione sotteso a ogni operazione logica non può tollerare, pena la perdita dell'esattezza e della attendibilità. Questo pensiero non destituisce la ragione, ma mostra per quello che è: cavallo che corre sulla Terra e si arresta davanti al mare rimpiangendo di non avere le ali. Ma il Mito invita non da ultimo a riflettere sulla pochezza dell'Io, sull'importanza del Noi. Perchè solo nell'invito a prenderci cura del primo pronome plurale, la Storia mostra il volto più soave. Ed infine il Mito, che sa ricalcare le nostre ombre, si muove sul piano della logica non usando il principio dell'aut - aut ma quello dell' et - et. Il corredo mitologico non esclude ma comprende; e perciò è tanto potente, suggestivo, evocativo. Per queste ragioni ho scritto il saggio sul Mito, per onorare il pronome Noi, per celebrare le endiadi, per ricordare a me stesso e suggerire a chi vuole accogliere che l'Ego va tenuto stretto al guinzaglio. Un guinzaglio corto, il più possibile vicino alla nostra Anima.

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