Terzo volume di un'anomala trilogia, 'Lila' può essere letto come romanzo a se stante, ma si arricchisce dei riflessi e dei rimandi provenienti da 'Gilaed'. Quel libro offriva il punto di vista e i ricordi del reverendo John Ames, estesi ad abbracciare tre generazioni. Lila si limita a riordinare i frammenti della sua vita, lasciando intravedere sullo sfondo le trasformazioni sociali indotte dalla Grande Depressione. Più della Storia, però, alla Robinson preme il discorso sulla fede, sulla colpa, sulla redenzione e sulla Grazia. Lila è abituata alla solitudine, è dura quanto basta per resistere alle avversità e ha l'orgoglio di chi non vuole la commiserazione o la carità altrui. Sotto la superficie però ci sono desideri affettivi, soprattutto c'è la voglia di interrogarsi su quell'entità di cui ha fatto esperienza senza saperne il nome, l'esistenza. La Bibbia le fornisce suggestioni e visioni profetiche, ma è l'incontro con John Ames ad essere decisivo. Il reverendo vive una diversa solitudine, composta e rischiarata dalla fede, ma è subito attratto dalla donna e dalle sue domande 'ultime'. Due anime stanche paiono allora trovare una via insperata per ridefinire il proprio mondo alla luce di un amore intriso dal dubbio ma dotato di nuova forza (ri)generatrice.
Vincitore Premio Mondello 2016 - Autore straniero.
«Marilynne Robinson ha scritto un'intensa storia d'amore e l'ha calata nella lingua e nelle idee della dottrina calvinista. È un'autrice senza eguali. ha saputo creare un intrepido corpus di opere, piccolo ma denso, in cui la religione compare senza vergogna, al pari del dubbio». - Cathleen Schine, «The New York Review of Books»
Lila viaggia leggera: un vestito, un veechio coltello arrugginito, e un bagaglio di ricordi e delusioni. Non ha mai avuto altro, Lila, nemmeno un nome, prima che, da bambina, una vecchia di passaggio gliene offrisse uno per pietà. Poi un giorno la misteriosa Doll, sfregiata in volto e nel cuore, diseredata a sua volta, forse una fuorilegge, raccoglie quel fagotto di pelle, ossa e sporcizia, lo avvolge nel suo scialle capiente, e lo porta via da quella casa senza amore. Per loro inizia una vita di vagabondaggio, fra i pericoli della strada sempre più arcigna dopo l'arrivo della Grande Depressione, e l'intimità gioiosa di due anime perse e sole che bastano a loro stesse. Lila cresce al fianco protettivo di Doll, madre e padre per lei, e legge, e religione, fino a che all'improvviso si ritrova sola al mondo, e la strada le mostra un'altra faccia. Quando il suo errare la conduce al villaggio di Gilead, è ormai una randagia incallita e diffidente, malata di solitudine. Nulla la può sorprendere, tranne forse l'uomo che incontra oltre la porta della chiesa dove si rifugia per sfuggire all' acquazzone. John Ames sa parlare e sa ascoltare. È il vecchio pastore del paese, rispettato da tutti, da molti giudicato un santo. Il reverendo conosce bene la sofferenza, e ne riconosce in lei una gemella, e un'identica tensione alla verità, e molto altro ancora...
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Torino, Einaudi, 2015, 8vo (cm 22,5 x 14) tutta tela editoriale con sovraccoperta illustrata a colori, pp. 273.
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Anno edizione:2015
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Un libro bellissimo, molto religioso ma la religiosità dell'autrice non è d'ostacolo alla lettura anzi dona al lettore una visione del mondo gentile e rasserenante, è uno di quei libri che ti fanno sentire meglio. Questo romanzo non è mai banale e la storia scorre allo stesso tempo piacevole, rasserenante e profonda. L'umanità, qualcosa ormai scomparsa dalla faccia della terra non solo dalla letteratura, sembra esistere alla luce della grazia di Dio. C'è una tregua alla solitudine e all'esilio dal genere umano, al senso di colpa e di inadeguatezza. La tregua è regalata ai due protagonisti dalla tenerezza che arriva come dono insperato e inatteso dalle mani dell'uomo ma probabilmente come regalo di Dio. Lila è un personaggio molto bello, una ragazza ruvida che ha fatto una vita randagia, ma profonda per l'intensità degli affetti e dei legami. In primo luogo, è attaccata a Doll, la donna che l'ha rapita in fasce da una famiglia probabilmente inadeguata e accudita, poi al marito. Lila è una creatura molto selvatica e diffidente, allo stesso tempo capace di amore e delicatezza. Fa venire al lettore voglia di quel tipo di vita: intorno al fuoco, nei campi di mais. Le poche cose che si possiedono diventano importanti: lo scialle consunto, il coltello, un fiore. E' bello il rapporto con la natura e leggendo sembra di essere in un campo e di sentire l'odore dell'erba e il fruscio delle foglie. La Robinson riesce a descrivere la solitudine nella sua tristezza e allo stesso tempo dà l'idea del suo fascino e del richiamo che continua a esercitare. L'essere più tenero dopo averla conosciuta resta per sempre in parte selvatico come un lupo, quindi tentato dalla fuga, sensibile al richiamo dei campi e del fiume. Il rapporto con la natura è stretto, caratterizzato dal desiderio di essere come un fiore in un campo o un uccello nell'aria senza radici e senza una dimora fissa di mattoni. Allo stesso tempo rende l'idea dell'importanza di avere intorno dei mattoni, una stufa, dei biscotti, del te, un albero di Natale tante piccole cose che insieme al calore umano rendono una vita più sopportabile. Il romanzo è bellissimo.
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