Mi sono imposta di finire il libro solo per capire fino a dove l’autore fosse in grado di portare avanti la storia. Parliamoci chiaro: un uomo decide di raccontare la storia di una donna che viene tenuta nel reparto speciale di una clinica mentre vengono fatti degli accertamenti sulla sua colpevolezza riguardo dei delitti. Ci si trova davanti ad un insieme di eventi dove è praticamente impossibile capire cosa sia reale, una fantasia, un ricordo o un’allucinazione, il tutto ovviamente contornato da continui rapporti con i medici e gli infermieri, personale che, per via della pazzia della paziente, si sente in dovere di violarla ripetutamente (perché di questo di sta parlando). Condiamo infine con mutandine che si sfilano continuamente, mani che cercano di toccare punti erogeni, da piacere incontrollato e da, perché c’è una parte ancora più assurda, continui aborti della paziente dovuti alle violenze. Sono arrivata alla fine del romanzo e credo di essermi chiesta solo due cose: e quindi? Perché? Credo seriamente di non aver afferrato l’utilità e nemmeno la necessità di questo libro.
