Tre motivi per leggerlo: Perché insieme a "Lettera a una professoressa" rappresenta la testimonianza più preziosa lasciataci da don Lorenzo Milani. Perché è un piccolo manifesto contro il potere e la servitù della mente e del cuore, in nome della libertà e della responsabilità individuali. Perché don Milani ha interpretato la cultura non come erudizione o nozionismo ma come base della vera cittadinanza: saper leggere il contratto dei lavoratori – diceva – è cultura. «Una fiammante, socratica apologia che ogni ragazzo dovrebbe leggere appena si sveglia al dubbio e all'esistenza.» (dall'introduzione di Roberta De Monticelli). Don Lorenzo Milani (Firenze 1923-1967). Si avvicina al cristianesimo all'età di vent'anni e a ventiquattro è ordinato sacerdote. Diventa cappellano a San Donato di Calenzano, importante centro operaio vicino a Firenze, dove avvia il suo esperimento di istruzione popolare contro la scuola classista che condanna i più poveri all'ignoranza, dunque alla servitù. È un prete scomodo per la Chiesa, che sceglie di isolarlo esiliandolo in una minuscola comunità sopra Firenze: Sant'Andrea a Barbiana. Siamo nel 1954. Nel 1965 don Milani scrive una lettera aperta a un gruppo di cappellani militari che in un loro comunicato ufficiale avevano definito vile e anticristiana l'obiezione di coscienza. Il gesto gli costa un rinvio a giudizio per apologia di reato e una condanna postuma. Con i ragazzi della scuola di Barbiana don Milani compie una straordinaria avventura umana e spirituale, culminata nel maggio del 1967 con la pubblicazione di "Lettera a una professoressa", opera collettiva oggi letta in tutto il mondo.
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Edizione:3
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Anno edizione:2020
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