La rivendicazione del proprio corpo vive oggi una stagione incerta. Da un lato ogni divieto che lo riguarda è caduto, e pare che ci si sia finalmente liberati dalle prigioni morali in cui spesso è stato rinchiuso. Da un altro lato sul corpo si leggono i segni indelebili incisi dagli altri: segni delle mode e delle culture, del cibo e dei comportamenti. L'illusione di dire "mio" al corpo si accompagna a nuove prigioni che non si vedono più: coincidono infatti con le nostre stesse liberazioni. Alla violenza di significati unici (e noiosi) il corpo reagisce prendendoci in giro: ricorda ogni volta di essere esposto agli altri se gli dico mio; e si fa mio quando pretendo di ridurlo a una cosa o a uno strumento. Il corpo rimane perciò la frontiera prima e ultima di una perenne resistenza: contro ogni semplificazione, e contro ogni manipolazione, dell'umano. In quest'ottica anche il fenomeno delle violenze sui minori e sui loro corpi assume un preciso rilievo: bambini che "divorano" e bambini "divorati", bambini obesi e bambini che ancora oggi soffrono la fame, bambini spesso ostaggio e vittime delle voglie degli adulti.
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Anno edizione:2007
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