Ma perché la storia del capitalismo italiano assomiglia a un campionario di occasioni perdute? È arrivato il momento di aprire gli occhi, guardare in faccia la realtà: le colpe del presente, i peccati mortali del passato. L'autore lo fa con le rivelazioni dei protagonisti della politica, dell'industria, del credito. E scopre un Paese dove si è pronti a correre solo per comprare quattro mura e chiudersi in faccia la porta del futuro. Un Paese che "vive" attaccato al telefonino, ma non ne produce neppure uno. Che "fabbrica" sempre meno ingegneri, fisici e chimici, ma dove in compenso tutti vogliono fare i comunicatori e molti (troppi) restano studenti universitari a vita. Un Paese in cui domina culturalmente la grande illusione di nascere in una città, viverci tutta la vita, avere un posto sicuro e guadagnare ogni anno qualcosa di più dell'inflazione. Bello, ma impossibile. Questo libro non è né un saggio né un testo di economia. Con la dignità dei grandi racconti di denuncia, dipinge un affresco impietoso del "Paese che non c'è", un racconto amaro per capire dove stiamo andando e cambiare in fretta.
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Anno edizione:2006
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