Quale futuro per la pubblica amministrazione
L'economia post-fordista e le nuove tecnologie informatiche promuovono i processi di globalizzazione. Sembra, invece, che la politica e l'amministrazione siano ancora interessati a coltivare gli interessi nazionali. Se la politica produce "annunci" di globalità, nel suo intervenire nel concreto della pace e della guerra, dello sviluppo e della povertà, dei diritti umani e della giustizia internazionale, adotta norme deboli di moral suasion o, di contro, lascia le mani libere alle potenze mondiali, sia quelle uscite vittoriose dalla "terza guerra mondiale" sia quelle emergenti e finanche alle potenze regionali; o, più frequentemente, non decide né sui fini né sui mezzi. Il rischio è che non riesca neanche a ottenere la funzionalità del suo "braccio secolare": la Pubblica amministrazione. Questa, in molti casi, sopravvive, in alcuni casi si espande addirittura, ma sembra "messa nell'angolo" e incapace di rileggere la sua missione. Aggredita nella sua centralità dal pendolo pubblico/privato, conserva potere, ma perde efficienza ed efficacia. È in Italia, in particolare, che la Pubblica amministrazione, non godendo di una eredità storica tale da assicurare piena legittimazione nei confronti del decisore politico e piena fiducia da parte del cittadino, è più esposta all'invasione della politica, all'ipertrofia legislativa, al riassorbimento di ogni iniziativa di riforma, alla proliferazione malgrado i disegni di stato "leggero" e le pseudo privatizzazioni.
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Anno edizione:2007
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