Trilogia della città di K. - Agota Kristof - copertina
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Letteratura: Ungheria
Trilogia della città di K.
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12,00 €
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Descrizione


Quando "Il grande quaderno" apparve in Francia a metà degli anni Ottanta, fu una sorpresa. La sconosciuta autrice ungherese rivela un temperamento raro in Occidente: duro, capace di guardare alle tragedie con quieta disperazione. In un Paese occupato dalle armate straniere, due gemelli, Lucas e Klaus, scelgono due destini diversi: Lucas resta in patria, Klaus fugge nel mondo cosiddetto libero. E quando si ritroveranno, dovranno affrontare un Paese di macerie morali. Storia di formazione, la "Trilogia della città di K" ritrae un'epoca che sembra produrre soltanto la deformazione del mondo e degli uomini, e ci costringe a interrogarci su responsabilità storiche ancora oscure.

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Informazioni:

Torino, Einaudi, 2000, 8vo brossura originale con copertina illustrata a colori, pp. 379. Ottime condizioni.

Immagini:

Trilogia della città di K.

Dettagli

Tascabile
384 p.
9788806173982

Valutazioni e recensioni

  • simona di chiara

    Mi avevano detto che fosse un bel libro, da anni nella mia libreria in attesa di essere letto... Mi avevano detto che era triste, duro.. per questo motivo ho sempre rimandato, pensavo fosse pesante.. Alla fine, finalmente l'ho letto e quasi rimpiango di non averlo fatto prima... E' vero, è duro, anzi durissimo, crudele, spietato ma di una bellezza sconvolgente. Sono tre romanzi in uno, la storia di due gemelli durante la seconda guerra mondiale in una città dell'est europeo, presumibilmente ungherese.. Lucas e Claus i nomi dei due fratelli (l'uno l'anagramma dell'altro).. la prima parte scritta in prima persona plurale (noi - i gemelli che nella prima parte vivono esperienze simbiotiche e indifferenziate.. non compare mai neanche il nome di nessuno dei due..), la seconda parte scritta in terza persona singolare (la storia narrata da Lucas, solo uno dei due gemelli dopo la separazione) e la terza parte scritta in prima persona singolare (la storia narrata da Claus, l'altro fratello)... una curiosità: tre traduttori, uno per ciascuna parte del romanzo.. Tre diverse verità , tre diverse menzogne, tre diverse realtà, tre diverse storie che ruotano intorno agli stessi personaggi.. ma quale delle tre è reale? La scrittura asciutta e immediata di Agota Kristof è potente e cattura il lettore pagina dopo pagina... lo accompagna in un viaggio immaginario in cui si parla di guerra, di famiglia, di solitudine, che non lascia speranza fino all'ultima riga "Il treno è una buona idea".. Cos'altro dire? Originale, sconvolgente, emozionante, strepitoso... assolutamente consigliato...

  • Avevo sentito parlare benissimo di questo libro e devo dire che le aspettative non sono state disattese. La storia e la trama sono semplicemente geniali, oltre che commoventi e dolorose. L'unico appunto che posso fare è che, da lettore, non mi piace essere preso per il naso dall'autore del libro e in questo caso Agota un po' lo fa. In ogni caso, è un "peccato" che le si può perdonare, a fronte di un libro straordinario nella sua semplicità e durezza. Mi ha fatto specie leggere che è scritto con uno stile così semplice, chiaro, diretto, arido quasi, perché l'autrice temeva di non sapere scrivere bene, temeva di commettere errori di grammatica o sintassi. Nonostante l'apparente semplicità del linguaggio, è un libro e una storia che fanno male, ti arrivano dritto al cuore e ti rimangono dentro per giorni anche dopo averlo finito. Capolavoro.

  • Enrico Caramuscio

    La visione cupa e pessimistica dell'autrice riguardo alla vita e al mondo permea ogni pagina, ogni frase, ogni singola parola di questa favola nera in cui a farla da padroni sono l'odio, la violenza e ogni sorta di bassezza morale. Agota Kristof scandaglia le zone più nere e limacciose della natura umana, servendosi di sagaci figure simboliche, di palesi riferimenti storico-politici e di una prosa scarna, ombrosa, fatta di frasi brevi, secche, lapidarie, senza preziosismi e raffinatezze. Uno stile perfetto per trasmettere al meglio i contenuti dell’opera. I gemelli Lucas e Claus sono ancora bambini quando il loro paese è coinvolto in una guerra sanguinosa e affamatrice e la madre, per farli sfuggire a morte certa, li affida alle cure per niente amorevoli della nonna. Legati tra loro in maniera viscerale e dotati di un'intelligenza fuori dal comune, i due protagonisti si ritrovano già in tenera età a condurre un'esistenza fatta di fatica, freddo, fame, insulti e percosse che forgerà i loro caratteri fino a renderli impermeabili alla paura e al dolore ma anche ai buoni sentimenti, facendoli diventare cinici e spietati come il mondo con cui hanno a che fare. Insieme sapranno affrontare e superare ogni difficoltà, arriveranno perfino ad autoinfliggersi pesanti esercizi per imparare a sopportare meglio i mali fisici e mentali, finché si troveranno di fronte alla prova per loro più dura: la separazione. Claus abbandona un paese uscito finalmente dalla guerra ma soggiogato da una pesante dittatura imposta dall'occupazione straniera, lasciandoci a seguire la vita del solo Lucas, dall'adolescenza all'età adulta, in un crescendo di solitudine e depressione in cui aleggia costante e ineluttabile il vuoto lasciato dalla partenza del gemello. Ma ad un certo punto, come un improvviso uragano che travolge ogni cosa, ecco che entra in gioco l'elemento fondamentale della storia, la menzogna, rimettendo in discussione quanto letto fin qui e prospettando un torbido prosieguo. Questo sorta di incubo claustrofobico è un duro e spietato processo ai mali dell'umanità: avidità, prepotenza, arroganza, odio, violenza, invidia, indifferenza sono caratteri imprescindibili dell'uomo e fattori scatenanti di calamità deleterie come le guerre, portatrici di sangue e fame, e i totalitarismi, oppressivi e soffocanti. La condanna è totale e si estende a tutti gli uomini, ad ogni nazione, ad ogni ideologia e a qualsiasi epoca storica. Niente, neanche la speranza sembra salvarsi dalla penna inquisitrice dell'autrice: “…Gli dico che se è morto, beato lui, e che vorrei essere al suo posto. Gli dico che gli è toccata la parte migliore e che sono io a dover reggere il fardello più pesante. Gli dico che la vita è di un’inutilità totale, è nonsenso, aberrazione, sofferenza infinita, invenzione di un Non-Dio di una malvagità che supera l’immaginazione.”

Conosci l'autore

Foto di Agota Kristof

Agota Kristof

1935, Csikvánd (Ungheria)

Scrittrice ungherese. Nel 1956 è spettatrice dell’invasione del suo paese da parte dei carri armati sovietici. Fuggita con la famiglia in Svizzera, trova un impiego presso una fabbrica di orologi. Comincia a scrivere nella sua lingua di adozione, il francese, prima testi per il teatro, poi romanzi che la impongono all’attenzione del grande pubblico: Il grande quaderno (1987), La prova (1990), La terza menzogna (1992) – che nella traduzione italiana confluiscono a formare La trilogia della città di K (1998) – in cui le storie parallele di due gemelli, Klaus e Lucas, si dipanano in un labirinto di disperazione morale e bruciante dolcezza, sullo sfondo di una guerra divoratrice. Anche nelle opere successive (Ieri, 1995; L’analfabeta, 2004; Dove sei...

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