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Tubera terrae. Carmen Johannis Bernardi Vigi LEG. CON: I tartufi. Poemetto di Gianbernardo Vigo professore di retorica. Tradotto dal latino
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Descrizione


2 parti legate in un volume in 8, cm 18,5 x 23,5, pp. (8) + 48 (la prima bianca); LV + (1). 2 insegne xilografiche ai 2 frontespizi (iscr. Non omnis fert omnia tellus) e vignetta incisa all'acquaforte (cm 10 x 8), a p. 1 della prima opera raffigurante due contadini con il cane intenti alla ricerca ed estrazione del tartufo. Piena pelle coeva alle armi coronate sabaude, ampia bordura ai piatti con filetto esterno e decorazione agli angoli. Restauri alle cuffie e alle parti basse delle cerniere. Integrazioni agli angoli e ai tagli dei piatti. Minimo restauro al margine superiore del frontespizio e delle carta bianca precedente. Edizione originale molto rara di quest'opera, la prima a trattare la raccolta del tartufo in Piemonte che viene collocato nell'area geografica compresa tra il Po e la Bormida. Poemetto didascalico tipico della pubblicistica del secolo XVIII, descrive quali siano i terreni adatti alla loro crescita, che si collocano in particolare nei boschi compresi tra il Tanaro e la Bormida: 'Boschi erbosi e del Tanaro e di Bormia', si occupa poi dei cani adatti alla ricerca che possono essere addestrati o comprati: 'non si miri il pelo in loro, ne' il color ma solo il capo e 'l naso e l'pie''. Invita inoltre ad aizzare questi stessi cani quando si incontrino porci, animali ghiotti del tartufo. Come periodo per la raccolta, viene indicato 'd'autunno i primi freddi' per poi mostrare il modo di cercare usando una zappa a 2 denti, il cane e qual cura debba porsi nell'estrarli. Molto interessante la parte in cui il Vigo descrive le varie tipologie di tartufo, descrivendo il tartufo nero 'quelli cui della Gallia le campagne, e molte dell'Italia producono, son neri ugualmente al di dentro, che al di fuori, aspra han la pelle', altri sono 'bianchicci, e tutti piccoli assai, ma questi, benche' pari sien di forma, e colore ai piu' pregiati, non pero' nell'odor con esso loro star anche ponno, e nel sapore a petto'. Altre considerazioni son fatte sull'utilita' dei tartufi durante la carestia del 1773 e moltissimi versi descrivono i tentativi di seminagione. Nella parte finale si disquisisce sul loro uso in tavola, mentre si descrive anche il nuovo strumento inventato per tagliarlo: 'la rasiera (sia lecito di darle tal non suo nome) che, a tagliar con arte i tartufi inventata'. Tutta la parte finale e' dedicata al modo di conservarli: 'in freddiccia cella tutti coperti di molle cera o in pelle sottil.quando a' regni stranieri in don mandarne'. Proprio questo riferimento attesta l'uso da parte della corte sabauda di mandare in dono ad altre corti europee esemplari di questo raro prodotto ormai diventato simbolo precipuo del Piemonte stesso. La preziosa legatura alle armi sabaude sembrerebbe confermare questa funzione di rappresentanza del tartufo e della letteratura ad esso legata. Albonico, I tartufi di G. B. Vigo, Aracne 2007. Vicaire, 864. Paleari Henssler, n. 1008. Westbury, p. 223. B.I.N.G., 2042 e 2043.
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