La professoressa Watt, che con scarsa autopercezione si qualifica come "icona nella conoscenza della Moda", propone con questo suo pezzo editoriale una sequenza ciarliera di inutili, ripetitive, talora anche bizzarre, notizie su Elsa Schiaparelli, di quelle per intenderci che nemmeno i rotocalchi che le parrucchiere mettono a disposizione delle loro clienti possono offrire. Cita omettendo fonti e note; enuncia concetti che mai spiega; pare allergica agli inquadramenti storici, salvo notiziuncole talmente vaghe da risultare soltanto frivole; si improvvisa clinica diagnosticando depressioni a riguardo di Elsa Schiaparelli o peggio si perde, e con lei chi deve leggere, in bislacche e non necessarie considerazioni sul riscatto della stilista; taglia i panni a grandi artisti come Bérard, per fare solo un esempio, liquidandoli come oppiomani, fragili e pure un poco pedofili; alla fine e nonostante tutto sorprende ancora con ricostruzioni di sua mera fantasia, mai documentate, le ragioni della bancarotta della Maison Schiaparelli. In buona sostanza, chi vuole conoscere Elsa Schiaparelli eviti di affidarsi a quest'opera la cui malafede é svelata dal fatto che la professoressa scrive per la rivista "Vogue" ed il lavoro in questione fa parte di una collezione di monografie ruotanti attorno a "Vogue": il disegno sottostante, in altre parole, é di incensare questa rivista e cantarne i meriti. Ma la superficialità o fatuità di questa giornalista é tale che nemmeno si rende conto della pessima figura che fa fare alla rivista stessa nelle sue pesanti responsabilità sul destino di grnandi stilisti. Oltre a ciò, la veste tipografica é pessima: figure e fotografie di cui ci si dimentica di inserire le didascalie,i errori di scrittura o di stampa abbondano al punto da chiedesrsi se l'editore abbia avuto a disposizione correttori di bozze; per leggere le didscalie occorre una potente lente di ingrandimento perché la pagina patinata e il carattere non marcato le rendono illeggibili. Non una sola delle universali regole tipografiche cui qualunque saggista é vicolato viene rispettata. Ben si intenda: é più che lecito comporre una letteratura divulgativa, ma comunque nel rispetto documentaristico, scientifico e di scrittura. Diversamente significa prendere i lettori per degli idioti.
Vogue. Elsa Schiaparelli. Ediz. a colori
Secondo Yves Saint Laurent “Elsa Schiaparelli era incomparabile, la sua immaginazione non aveva confini, ha calpestato tutto ciò che era comune e ordinario”. Nata a Roma da una nota famiglia di intellettuali e aristocratici piemontesi, Elsa Schiaparelli si trasferì a Londra, New York e infine a Parigi, dove venne lanciata come stilista nel novembre del 1927. Per i successivi dieci anni, insieme alla rivale Coco Chanel, dettò legge nella moda, sia dalle pagine della rivista che nel mondo reale. Vogue definì Elsa Schiaparelli un genio “più folle e più originale” dei suoi contemporanei, illustrando il suo stile e diffondendo campioni dei suoi modelli, dalla prima immagine del rivoluzionario maglione trompe-l’œil del 1927 all’abito-lacrima surrealista, fino al cappello-scarpa dei tardi anni Trenta. Spirito libero, collaboratrice di artisti del calibro di Salvador Dalí e Marcel Duchamp, la stilista ha realizzato abiti a forma di scheletro, bottiglie di profumo con la forma del torso di Mae West e inventato il colore rosa shocking. "Vogue. Elsa Schiaparelli" presenta il lascito duraturo di questa donna audace e visionaria.
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Anno edizione:2017
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