Addio alle armi - Ernest Hemingway - copertina
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Addio alle armi
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Libro usato, buone condizioni generali. Segni naturali del tempo e della lettura, carta brunita, pagine pulite, rilegatura ottima.

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1998
Tascabile
364 p.
9788804451051

Valutazioni e recensioni

  • Maria Franco

    Una delle storie d'amore più insolite ma belle mai lette. Ambientata durante la I guerra mondiale, a cui tra l'altro Hemingway partecipò attivamente proprio in Italia, racconta l'idillio di due amanti, con un epilogo tragico ma al contempo che regala, a mio avviso, un senso di infinito al lettore. Quell'infinito che spesso viene associato alla parola amore. Addio alle armi ma anche agli abbracci (arms, armi ma anche braccia)!

  • Elena Bernard

    Ho iniziato a leggerlo per curiosità verso i classici, è stato il primo libro che ho letto di Hemingway. É un alternanza di stili e di generi. Inizia incentrato solo sulla grande guerra, sulla vita al fronte gli umori e le vicessitudini dei protagonisti per poi cambiare e diventare un romanzo rosa in un alternanza equilibrata. L'ho letto senza sapere la storia scritta e ammetto che per me il finale è stato un vero colpo di scena! L'ho letto molto in fretta non è una lettura troppo pesante o complicata. Lo consiglio

  • Renzo Montagnoli

    Quest’anno, come noto, ricorre il primo centenario della Grande Guerra, che per l’appunto per noi avvenne con l’inizio delle ostilità fissato per il 24 maggio1915. Non è un caso quindi se in questo periodo leggo molti libri sulla prima Guerra Mondiale e fra questi non poteva mancare – ma trattasi di opera da me letta anni fa – Addio alle armi, di Ernest Hemingway, scrittore americano assai noto che pur tuttavia non stimo molto per quel suo stile troppo distaccato e certe tematiche che non mi sono appetibili. Di questo romanzo, pubblicato nel 1929, si è da più parti detto che è un’opera fra le migliori di quelle che trattano di questo grande evento bellico; personalmente non sono d’accordo, perché se è vero che l’epoca è quella prima, durante e dopo la ritirata di Caporetto, il conflitto rimane sullo sfondo e dubito perfino che in buona parte sia frutto di un’esperienza personale (Hemingway prese parte alla guerra come conducente di ambulanze) perché proprio in quello scorcio di anno 1917 lo scrittore americano, con ogni probabilità, non era ancora in Italia, così che abbraccio l’ipotesi di Fernanda Pivano secondo la quale di esperienza personale certamente si tratta, ma di quella maturata nel corso del 1922 durante la disastrosa ritirata greca dalla Tracia, in cui lui era presente. Del resto, non era forse nemmeno nelle intenzioni dell’autore di parlare di una fase della Grande Guerra, bensì di scrivere un romanzo d’amore ambientato durante la stessa, un po’ come nel caso di Via col vento. E in questo trovo conferma ancora una volta in Fernanda Pivano, la sua prima traduttrice, che fa giustamente presente che il titolo inglese (a Farewell to Arms) è sibillino e può dare luogo a un’altra traduzione, proprio per il doppio significato presente in Arms, che vuol dire armi, oppure braccia, intendendo in tal caso quelle della donna amata. Fra l’altro non c’è un lieto fine e quindi prende ulteriore forza quell’ipotesi di traduzione in Addio alle braccia. E anche per come la storia è imperniata e sviluppata potrei dire che per un romanzo sulla guerra è quasi fuori tema, tema che invece è ben centrato come vicenda d’amore, dagli esiti finali non certo positivi, come abitudine del narratore americano. Al riguardo ricordo un altro suo famoso romanzo (Per chi suona la campana) in cui chi muore non è però la donna, ma il suo amante. Ciò premesso, appurato che la guerra è solo uno sfondo, resta la storia di questo amore travagliato, sulla cui confezione non ho nulla da eccepire, fermo restando che lo stile un po’ troppo distaccato non è riuscito ad appassionarmi. Di conseguenza concludo dicendo che Addio alle armi è un buon romanzo, ma niente di più, anche se comunque è meritevole di essere letto.

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Foto di Ernest Hemingway

Ernest Hemingway

1899, Oak Park

Il padre (medico) lo avvicinò alla caccia e alla pesca durante le vacanze in Michigan, tra laghi e foreste e seguendolo nelle visite agli ammalati delle riserve indiane, ebbe le prime violente impressioni del dolore e della morte. Studiò a Oak Park, ma rinunciò all’università per diventare cronista allo «Star» di Kansas City. Fondamentale, nell’aprile 1918, l’esperienza volontaria della guerra, come autista della sanità sul fronte italiano. Nel luglio viene ferito, e questo trauma, l’incontro diretto con la morte, segna la sua vita. Da allora, per esorcizzarla, cercherà spesso il confronto con la violenza e con il rischio. Dal 1921 al 1927 viaggia in Europa come corrispondente di vari giornali, soggiornando a lungo...

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