E' il racconto di una redenzione (salvo il caveat alla fine). E' una autobiografia, a tratti enfatica ed eccessiva; la ricostruzione dettagliata (troppo), della vita dell'Autore, per tutti Billy, un self made man. Origini umili, infanzia complicata, un connubio che accresce la fame di affermazione e di successo, in modo anticonvenzionale: non con lo studio, ma con la "strada", con l'arte di viverla e di convivere con i personaggi, i problemi, le luci e le ombre, le ritualità. Billy fa la prima e più importante scommessa con se stesso, mettendosi in gioco. Punta sulla sua intraprendenza e su un innato spirito di osservazione. Emerge, si fa conoscere, attira interessi, simpatie e antipatie. In una spirale di eventi, proposti anche con sano spirito di rivalsa, accomodato in una ricerca di riaffermare la verità fattuale, il racconto non si riduce all'enunciazione di aneddoti, principi, curiosità, rivelazioni; è la narrazione di una vita fuori dagli schemi, inconsueta, eccessiva, vissuta sul filo del rischio. E' la storia di un uomo, divenuto troppo presto padre. Del rapporto difficile con la malattia del figlio. Di azzardi, sconfitte, delusioni, tradimenti, doppiogiochisti. E' come se la vita di Walters non fosse stata altro che una perfetta trasposizione di una delle sue tante partite a golf o biliardo: i colpi vincenti, i bari, gli errori, le vittorie. Delle volte, bisogna essere vicini a perdere tutto, per acquisire la capacità di apprezzarlo. Ecco, la detenzione carceraria, che ha rappresentato (nella ricostruzione) la rancorosa vendetta del sistema nei suoi confronti, incapace, a suo dire, di comprenderne l'azione speculativa, magari borderline, ma sempre legittima, ha rappresentato un terminatore: la riscoperta del senso della vita, del valore delle cose, senza la foschia indotta dalla natura incoercibile di giocatore. Non ci sono scuse e pentimenti. Solo ammissioni, aperte e sincere. Non male come punto di partenza. C'è da scommetterci.
