C'è un modo di scrivere, parlo di romanzi, che è vicino alla scienza e questo romanzo, a mio parere, ne fa parte, perché la Storia, quella vera, è vicina alla scienza e non è mai partigiana. Questo romanzo nel narrare la storia di un uomo, quella di Jean Gòt, inserito nella Storia di una regione, di altri paesi, di altri continenti mi porta alla mente la distinzione di Alessandro Barbero tra Storia e Memoria, ma anche "La Storia" di Elsa Morante. Ma prim'ancora della fondamentale distinzione barberiana, viene in mente un altro romanzo, sempre di Alessandro Barbero: "Bella vita e guerre altrui di mr. Pyle, gentiluomo". Entrambi questi romanzi narrano una parte della vita dei due protagonisti inseriti in una storia che è più grande di loro. Là dove mr. Pyle è un membro dell'alta società americana che, giunto in Europa ai primordi del XIX secolo si trova ad interagire coi più famosi personaggi dell'epoca (filosofi, letterati, militari ... e altri), Jean Gòt, uomo semplice ma intelligente autodidatta, incontra e interagisce nella sua semplicità coi grossi intellettuali del XIX secolo non solo piemontese e italiano ma anche con persone meno famose ma non meno importanti di altri luoghi e paesi. Il romanzo di Piero Somaglino è molto stimolante. Perché i personaggi che incontra Jean Gòt, le situazioni che vive sono a volte famosi, altre volte sconosciuti e diventi curioso. Dei personaggi famosi scopri così aspetti della loro vita più personali, di cui non sapevi nulla mentre degli altri ne scopri invece l'esistenza che ha comunque lasciato un segno indelebile su di noi perché nulla nella nostra memoria si cancella, avendo segnato, la storia, tutti i nostri antenati e noi di conseguenza. Le situazioni che vive Jean Gòt fanno parte di quella storia d'Italia o del mondo minore, ai più non nota. Il libro restituisce una splendida immagine dell'ottocento italiano e oltre. Di qui la curiosità per la quale leggi il romanzo ma vai anche a cercare. tomatarch
