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Anno edizione: 2023
Anno edizione: 2023
Anno edizione: 2018
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Calvino è uno dei più grandi narratori italiani e questo è il suo ennesimo capolavoro. È l’ultima opera della trilogia araldica e narra le vicende del cavaliere Agiululfo che non possiede un corpo ma solo un’armatura. La storia è intrigante e molto ben scritta, l’autore infatti è riuscito a creare molta suspense, perché ha deciso di svelare poco alla volta delle verità riguardanti i personaggi, e questo ti tiene incollato alla lettura. Consiglio vivamente questa lettura, così come tutte le opere di Calvino.
In quest'opera Calvino riesce ad analizzare, attraverso il passato, il nostro presente evidenziando aspetti e contraddizioni del mondo moderno che spesso passano inosservati. Il romanzo è un’ efficace quanto inusuale metafora per "leggere" l'attualità. E’stupefacente l’idea di un cavaliere sorretto unicamente dalla propria forza di volontà. Ed affascinante il modo in cui viene presentato il personaggio di Agilulfo, mitigato da una sottile ed acuta ironia, tipica dei Calvino, che in realtà, come anche gli altri personaggi presenti nel racconto e nella trilogia dei “Nostri Antenati”, rappresenta aspetti della società quanto mai attuali. Il “vuoto” dentro l’armatura di Agilulfo può essere visto come il vuoto della società moderna, avvinghiata a idee e modelli consolidati e omologati, attaccata alle frivolezze che all’interno è vuota, e pertanto quando viene a mancare la consuetudine, cioè di cui si è fatta l’unica ragione di vita, ci si perde, ci si dissolve senza che rimanga niente se non l’involucro esteriore di ciò che si è ritenuto essere tutto, quando invece i valori morali e culturali si offuscano sempre più, soppiantati da quanto è immediato e diretto, per cui non è necessaria la fatica di un ragionamento o di una critica. Ugualmente gli altri personaggi si possono intender metaforicamente come risvolti della società: Gurdulù che esiste ma non sa di esistere, ed è in cerca della propria identità e individualità, e che non avendo una coscienza di se, del proprio “esistere” imita ciò che già esiste, tuttavia senza mai identificarsi totalmente nell’altro e tornando alla ricerca di sé dopo essersi reso conto di non aver conseguito il proprio obiettivo.
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