Con Il dottor Bergelon si parte da un caso di malasanità, provocato dall’assoluta indifferenza di chi dovrebbe salvaguardare una vita e invece non fa il suo dovere. Che poi il dottor Malin e il dottor Bergelon nella circostanza siano ubriachi non è di certo un’attenuante, bensì un’aggravante, perché la deontologia professionale imporrebbe a due medici la sobrietà e la disponibilità, requisiti che nel caso del parto travagliato di una giovane donna sono stati talmente assenti, che non solo in nascituro è morto subito, ma che ha comportato anche il decesso della puerpera. Si dà però il caso che il vedovo non sia d’accordo sulla giustificazione di comodo circa l’impossibilità di salvare il bimbo e la madre e che dia inizio a una sottile vendetta, prendendo soprattutto di mira chi ha meno colpe (il dottor Bergelon), ma che appare per le sue caratteristiche l’ideale capro espiatorio. Inizia così per il medico in questione, che già vive un’esistenza grigia, un periodo di grande difficoltà, fra lettere minatorie e incontri per la strada non proprio amichevoli. Che fare? La decisione è quella di sparire, di cambiare vita, magari senza riuscirci, ma almeno per non essere passivo ed esperire così questo estremo tentativo. La sua sembrerebbe una fuga senza speranza, ma quasi all’improvviso il vedovo smette di perseguitarlo, dicendogli in un incontro ravvicinato che ha trovato nuove motivazioni per vivere ed è così che Bergelon rinuncia alla possibilità di mettersi alla prova ricominciando da zero, perché torna a casa, dalla moglie e dai figli, e al suo grigiore quotidiano, in una vicenda in cui domina, per colpa del protagonista, uno squallore disarmante. Descrivere la psicologia di un individuo così è difficile e non è facile nemmeno per un narratore come Simenon, tanto che riesce solo in parte nello scopo.
Il dottor Bergelon
«In lui c’era una sorta di trepidazione, di ansia, una speranza, un’attesa, la voglia di fare un gesto – ma quale? –, di aprire non una porta, ma una strada, un mondo, una prospettiva nuova...»
«La parcella della prima operazione che mi procurerà sarà tutta per lei... In seguito, a ogni paziente che mi manderà, faremo a metà...»: questo aveva detto Mandalin, rinomato chirurgo e proprietario di una clinica di lusso. E quando il dottor Bergelon aveva dirottato sulla clinica la prima partoriente, Mandalin li aveva invitati a cena, lui e la moglie, nella sua bella casa dei quartieri alti, dove Bergelon aveva bevuto troppo, come Mandalin del resto, e poi tutto era andato storto, la partoriente era morta, e anche il bambino... Risultato: adesso il vedovo minacciava di ucciderlo - non Mandalin, ma lui, Bergelon! Eppure, ciò che spingerà il giovane medico a infrangere le regole di una tranquilla, e in definitiva soddisfacente, esistenza provinciale non sarà la paura di morire, né saranno le apprensioni di quella moglie rassegnata e piagnucolosa, ma un «lancinante bisogno di cambiamento», come la sensazione di avere addosso un vestito troppo stretto. Come molti personaggi di Simenon, anche il dottor Bergelon ci proverà, a non accettare il suo destino, a togliersi di dosso quel vestito troppo stretto...
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Anno edizione:2022
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