L' edera - Grazia Deledda - copertina
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Letteratura: Italia
L' edera
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Descrizione


Uscito in Italia nel 1908 - dopo che già nel 1907 i tedeschi e i francesi lo avevano accolto con entusiasmo - il romanzo "L'edera" ci è stato trasmesso attraverso un autografo e quattro edizioni a stampa. Il racconto di fatto ruota intorno al vissuto di Annesa, la «figlia d'anima», la giovane serva che si innamora del proprio padroncino, Paolo Decherchi. La maturazione del personaggio avviene significativamente sulla «via di Damasco», dalla cecità del male alla luce del bene, implicata nella pragmatita di esistenti immodificabili nei loro ruoli e dietro le loro tragiche maschere. La coscienza del peccato che si accompagna al tormento della colpa e alla necessità dell'espiazione e del castigo, la pulsione primordiale delle passioni e l'imponderabile portata dei suoi effetti, l'ineluttabilità dell'ingiustizia e la fatalità del suo contrario, segnano l'esperienza del vivere di una umanità primitiva, malfatata e dolente, «gettata» in un mondo unico, incontaminato, di ancestrale e paradisiaca bellezza, spazio del mistero e dell'esistenza assoluta.

Dettagli

11 luglio 2019
330 p., Brossura
9788849858501

Valutazioni e recensioni

  • Ely
    Necessità, decisione e colpa

    "L’Edera" è stata per me una lettura densa, spesso poetica, a tratti persino commovente, ma che non è riuscita a colpirmi come altre opere della Deledda. La sua prosa, come sempre, è evocativa, intensa, profondamente radicata nella sua Sardegna — che più che semplice ambientazione diventa un personaggio vero e proprio, con le sue voci, i suoi silenzi, la sua morale. Tuttavia, qualcosa mi ha lasciata leggermente distante. Annesa, la protagonista, è un personaggio complesso, dilaniato tra il sentimento d’onore verso la famiglia e una crescente lacerazione interiore. Ed è proprio questo il nucleo del romanzo: un’edera che si attacca a ciò che resta, che si aggrappa con tenacia alla casa dei Decherchi, pur sapendo di essere destinata, forse, a soffocarla. L’ho trovata affascinante come figura, ma in certi momenti il ritmo narrativo si fa incerto, quasi faticoso, e alcuni passaggi risultano meno coinvolgenti, seppur carichi di significato. La vicenda procede in un’alternanza di grande introspezione e momenti più deboli sul piano narrativo. Rispetto ad altre opere dell’autrice, qui la tensione drammatica si muove più per introspezione che per fatti, e se da un lato questo rafforza la dimensione psicologica, dall’altro può rallentare il coinvolgimento emotivo del lettore. Resta però fortissima la riflessione sul concetto di fedeltà, sacrificio, sull’impossibilità (e forse inutilità) di fuggire dal proprio destino. Ho sentito forte anche in questa storia l’eco di una Sardegna ancora arcaica, piena di riti e codici non scritti, dove l’identità è legata indissolubilmente a ciò che si è ereditato. Una lettura che mi ha lasciato un senso di malinconia e di rispetto, ma che non ha saputo travolgermi . Tuttavia, la Deledda riesce sempre a regalare, anche nei suoi romanzi minori, quella capacità di farti riflettere sulla natura umana, sui legami invisibili che ci tengono stretti, e sul peso (a volte dolcissimo, altre spietato) della memoria.

Conosci l'autore

Foto di Grazia Deledda

Grazia Deledda

1871, Nuoro

Grazia Deledda è stata una scrittrice italiana, celebre per essere l'unica donna italiana a vincere il Premio Nobel per la Letteratura, conferitole nel 1926. Nata in una famiglia benestante in Sardegna, ricevette un'istruzione limitata, proseguendo da autodidatta e sviluppando presto una passione per la scrittura.Dopo un esordio come giornalista su delle riviste di moda, iniziò la sua carriera letteraria pubblicando racconti e romanzi ambientati nella sua terra natale, esplorando le tradizioni e i conflitti interiori di una Sardegna arcaica e pastorale. Tra le sue opere più celebri si annoverano Elias Portolu (1903), Cenere (1904), Canne al vento (1913), che le valse la candidatura al Nobel, e La madre (1920), apprezzata in particolare dallo scrittore inglese David Herbert...

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