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Ghetto di Cracovia, Polonia. Siamo nel 1941, più precisamente il 3 marzo, la data di inizio del trasferimento di tutti gli ebrei di Cracovia e dintorni nel ghetto. Nessuno ovviamente sospetta quale sarà la vita all’interno di quelle mura. Gli ebrei si portano tutti i loro averi, i mobili, le fotografie e i ricordi di una vita che non sarà mai più la stessa. Ma all’interno del ghetto viene anche inclusa la farmacia dell’Aquila, gestita dal farmacista polacco Tadeusz Pankiewicz (1908-1993). Pankiewicz è l’unico non ebreo a vivere dentro il ghetto, grazie a un permesso speciale datogli dai tedeschi. Suo malgrado il farmacista è testimone di tutti gli avvenimenti, i soprusi, le torture e le uccisioni dei prigionieri ebrei. La farmacia diventa così il luogo dove gli abitanti del ghetto si ritrovano per discutere, piangere e trovare aiuto. Pankiewicz, insieme alle sue coraggiose collaboratrici, si prodiga, a rischio della sua stessa vita, per dare un po’ di conforto e aiuto agli ebrei. Ma non solo. Il farmacista decide di appuntarsi tutto quello che succede giorno per giorno in modo da non dimenticare le atrocità di cui è testimone. Sopravvive alla guerra e i suoi appunti, che costituiscono la base del libro, verranno pubblicati nel 1947 e usati come testimonianza durante il processo di Norimberga che condannerà centinai di criminali nazisti. Per il suo valore, Pankiewicz, nel 1983, ha ricevuto dall’Istituto Yad Vashem (l’Ente Nazionale per la Memoria della Shoah) il riconoscimento di “Giusto tra le nazioni”. A partire da quello stesso anno la farmacia è diventata parte del museo della Farmacia di Cracovia. Il farmacista di Cracovia è un libro diverso dai soliti pubblicati sullo sterminio degli ebrei. Spesso sono le vittime a raccontare in prima persona le barbarie a cui hanno assistono o di cui sono state vittime dentro i ghetti. In questa testimonianza, invece, è un polacco cattolico, l’unico non ebreo, a raccontare dettagliatamente ciò che è realmente successo all’interno del ghetto. Pankiewicz ha vissuto a fianco degli ebrei per tutto il periodo di funzionamento del ghetto, dalla sua creazione fino allo spietato smantellamento. Il libro è talmente agghiacciante da sembrare inverosimile. Dopo la guerra e la pubblicazione dei suoi appunti, Pankiewicz è a casa di un amico. Ovviamente il discorso cade sugli eventi del ghetto e l’amico prende un po’ in giro il farmacista per avere ingigantito un po’ le crudeltà dei tedeschi sugli ebrei per vendere meglio la pubblicazione. Pankiewicz tenta di far capire all’amico che tutto ciò che lui ha scritto è la cronaca dettagliata di quello che lui ha visto. La violenza senza limite e senza giustificazione dei tedeschi è stata purtroppo reale. Ma l’amico non è convinto, non si capacita di quanto l’essere umano possa essere inumano quando l’odio prende il sopravvento. Questo è un passaggio importante perché ormai sono passati tanti anni dal 1945 e i testimoni diretti stanno morendo. La storia purtroppo non insegna nulla e i ragazzi di oggi non possono concepire quanto l’uomo può essere crudele. Le testimonianze dirette come quella di Pankiewicz diventano quindi fondamentali per tenerci tutti sull’allerta perché in Europa non c’è la guerra, ma nel mondo 67 Stati sono dilaniati da conflitti (dati 2016). E dove c’è guerra c’è odio, pulizia etnica, tortura, morte. Anche oggi, non solo negli anni Quaranta.
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