La fine degli spiriti. La natura come indagine filosofica del sé
Il saggio sostiene una tesi provocatoria: l’educazione ambientale è una distrazione. Siamo assillati da un piano educativo che non smette di richiamarci alla responsabilità: consumare meno, differenziare i rifiuti, agire in modo sostenibile, evitare gli sprechi. Ciò è condivisibile quanto necessario. Ma rischia di spostare l’attenzione su elementi secondari. In tal senso, l’educazione ambientale è una “distrazione” se intesa come invito a quei gesti quotidiani che sono lodevoli (si pensi alla raccolta differenziata) ma che non toccano il cuore della questione ecologica. Il problema, infatti, è più vasto e richiede un’azione più ampia. Imputare il degrado della Natura a una generica collettività (l’uomo, il genere umano) confonde i termini della contrapposizione che invece è in atto: da una parte le lobby e le oligarchie volte a un profitto senza scrupoli, dall’altra i cittadini sempre più stremati, alienati, lontani da sé. In questa prospettiva, le persone passano dal ruolo di colpevoli dell’inquinamento a quello di parte lesa: vittime di processi che le privano di una “Natura” integra e di sé stesse. Nella perdita della Natura, infatti, gli individui smarriscono parte della propria dimensione intima; perdono quel contatto con il proprio Sé che Eraclito cercava nel “nascondimento della Natura”, che Thoreau trovò tra i boschi di Walden, che Jung avrebbe chiamato “individuazione”, e che Davi Kopenawa – sciamano yanomami – fa coincidere con gli spiriti che popolano le notti stellate del cielo amazzonico. La questione ecologica diviene allora il bisogno di un ritorno al proprio Sé più autentico, a una maniera diversa di intendere se stessi e la vita; una diversità lungo la quale si consuma tutta la contrapposizione – spirituale, politica e filosofica – tra le multiformi componenti sociali che abitano l’epoca contemporanea.
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Anno edizione:2023
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In commercio dal:24 marzo 2023
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