In principio fu il male - Davide Gatto - copertina
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In principio fu il male
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Descrizione


Un rione popolare milanese, tra tardi anni Settanta e primi anni Duemila, è teatro di vicende di ordinario degrado e cupi riflessi della Storia, dal terrorismo rosso all'esecuzione dei coniugi Ceausescu il giorno di Natale del 1989. Nella coscienza lacerata di Lorena, una donna di mezza età tradita e abbandonata, la voce indistinta del quartiere risuona a rievocare episodi piccoli e grandi, che la sua mente eccitata trasforma nel materiale vivo di una riflessione sull'importanza cruciale del Male. E se la presa di coscienza di Lorena ha il timbro ultimativo e straziante dell'autoanalisi, filtrata anche attraverso i racconti sul marito sciupafemmine, sulla bambina disadattata amata come una figlia e sulla fine ingloriosa dell'amico-gemello, sarà invece lo strambo medico-filosofo Giavazzi a dare lucidamente corpo a un'idea rovesciata della vita: senza il Male neppure il Bene potrebbe esistere.

Dettagli

14 ottobre 2021
368 p., Brossura
9788836171224

Valutazioni e recensioni

  •  rosolito
    Il Male del “principio”: una sorta di parodia/antifrasi del Verbo nel Vangelo secondo Giovanni.

    Che sia un romanzo lo si legge sulla copertina, in giallo come il nome del suo ideatore (docente, scrittore e pensatore attento), ma “romanzo” lo è forse solo à la carte. Infatti, questo libro è decisamente sui generis: un fuoriclasse, forse un saggio “camuffato”. La sinossi di copertina lascia presagire una storia di periferia come tante, ambientata nel milanese, negli anni turbolenti di fine secolo, ma non restituisce la vera essenza dello scritto. La struttura è innovativa, talvolta trasgressiva, con un narratore neutro. Non è un libro per tutti: o lo si legge tutto d’un fiato (e poi lo si rilegge), o ci si ferma al primo capitolo. Non si addice ai tradizionalisti, non è lettura rilassante, non ammette distrazioni. Cattura il lettore e in qualche momento lo ipnotizza o addirittura lo aggredisce. La tecnica narrativa prevalente è quella di una narrazione indiretta, volta a presentare il male: il Male del “principio”, in una sorta di parodia/antifrasi del Verbo nel Vangelo secondo Giovanni. Tutto è stato fatto per mezzo di lui (il male) e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste: è questa l’idea-madre da cui poi, a cascata, sono generati i vari capitoli, tutti a ritroso in un’Alpha/Omega perfettamente intercambiabile. Lo stile, la lingua e la punteggiatura meritano una particolare attenzione: variano da capitolo a capitolo, ma sono sempre coerenti con le scelte narratologiche, che ribaltano la logica comune e l’ordine precostituito. Tale sovvertimento è probabilmente un bisogno inconscio dell’autore, che decisamente va al di là delle dichiarazioni di intenti e del tributo alla memoria espresso in testa e in coda al libro. Tutti i personaggi sono la proiezione di stereotipi senza tempo, persone e personaggi che appartengono al passato-presente-futuro, come la folla e la nebbia che tutto ingoia: predatori e prede, incantatori e cantori, paradisi e inferni (nudi e cruenti). Il libro è un’eterna e irrisolta logica manichea: un vero camaleonte. Da leggere!

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