Leggo in seconda di copertina: "La poesia e la scienza, ci spiega l'AUTORE (il maiuscolo è mio) vagabondando tra un secolo e l'altro, non sono opposte, non lo erano alle origini e non lo sono oggi, che si concepiscono entrambe come tensione alla conoscenza del mistero del reale". Nulla da ridire su questa affermazione; pienamente d'accordo. Poi nel testo leggo: "L'atteggiamento di chi dice che poesia e scienza sono cose lontane non è molto diverso dall'usare due pentole per bollire l'acqua dei fusilli e quella dei maccheroni" (frase tra l'altro riportata in IV di copertina). Può anche darsi che io non abbia capito nulla, ma a me sembra la cosa più ovvia di questo mondo usare 2 pentole per bollire contemporaneamente 2 tipi diversi di pasta (anche ammesso che fusilli e maccheroni abbiano lo stesso tempo di cottura); qunidi sono vicino a chi dice che poesia e scienza sono due cose lontane. Boh. Ho trovato anche sconveniente trovare scritte espressioni ormai usuali nel parlato (invece di scrivere non capisce un c..o oppure non capisce una beneamata s..a, penso che si possano usare espressioni come non capisce niente senza perdere in efficacia). Anche nel capitolo 3 - Una metrica universale non ho trovato corrispondenza tra quanto scritto nel testo e quanto nella didascalia della figura 1. Per concludere forse è meglio leggere il Malvaldi giallista piuttosto che il Malvaldi saggista, anche se anche i racconti del Bar Lume stanno, secondo me, perdendo via via di efficacia.
L'infinito tra parentesi. Storia sentimentale della scienza da Omero a Borges
Ben prima dell'invenzione del microreticolo metallico, Efesto nell'Odissea forgiava "catene impossibili da infrangere, sottili come fili di ragnatela". Ben prima degli studi di Maxwell sul tempo di rilassamento dei liquidi, Lucrezio intuì che molecole di lunghezza differente scorrono con tempi differenti. E Borges sa - forse meglio dei neuroscienziati - che "aver saputo e aver dimenticato il latino è un possesso, perché l'oblio è una delle forme della memoria". La poesia arriva prima della scienza? Forse. D'altra parte, però, il linguaggio degli scienziati è fatto spesso di analogie, esattamente come quello dei poeti. Perché, come ci spiega Marco Malvaldi vagabondando da un secolo all'altro tra parole e numeri, la poesia e la scienza non sono opposte, non lo erano alle origini e non lo sono oggi: entrambe si concepiscono come tensione alla conoscenza del mistero del reale. Basta solo imparare a guardare il mondo con uno sguardo consapevole e curioso, perché, "se ci si pensa, un'equazione e una poesia hanno spesso parecchie cose in comune".
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Anno edizione:2017
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Formato:Tascabile
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Nulla da dire! Il Malvaldi camaleontico e prolifico colpisce ancora, sfoderando molte delle sue molteplici qualità : preparazione scientifica, cultura umanistica, affabulazione perfetta ed intrigante, il senso fine dell’humor. Mi sono divertita , ho apprezzato la scelta dei poeti e delle loro opere e lodato la sua intuizione di accomunare “poesia e scienza come tensione alla conoscenza del mistero del reale”. E’ molto bravo lui a illustrare e a convincere della giustezza di una tesi scientifica, ma , ahimè, altro problema è quello di verificare se io ho capito veramente tutto quello che ha spiegato!!!
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Il libro di Malvaldi è piacevolissimo, non è un trattato di scienza (e meno male) non è un trattato di poesia (ce ne sono ben altri più quotati) ma un'originale e appassionante storia che parte da Omero fino ai giorni nostri per recuperare le analogie e le intuizioni con cui le menti aperte di altri secoli hanno anticipato le più moderne scoperte scientifiche e tecnologiche. Scritto con la solita leggerezza ed ironia, capace di far ridere e divertire anche quando parla dei principi della termodinamica. Alla fine sei arricchito nell'animo e nella mente.
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