Kaddish per il bambino non nato

Che dire di un’opera così… “sconvolgente”?E’ un lungo, intenso, serrato monologo che prendendo lo spunto di dover spiegare la scelta di non avere figli, mette a nudo l’animo dell’io narrante, un uomo, sopravvissuto di Auschwitz, che ha scoperto come il dolore sia parte integrante della sua esistenza; una preghiera, appunto un kaddish, ma non silenziosa ed accorata , invece urlata perché piena di disperazione, di amore, di voglia di esistere,di desiderio di continuare a vivere a dispetto di Tutto e di Tutti. Convivere con il dolore vuol dire, per Kertész, adattare la propria vita all’esistenza del male, conservando però la coscienza e la dignità ma non dimenticando l’angoscia, l’ansia , il terrore di chi ha vissuta una esperienza che va al di là di ogni possibile immaginazione. Il ritmo serrato del kaddish è scandito dai celebri versi di di Paul Celan : Nella casa abita un uomo che gioca con i serpenti che scrive che scrive all'imbrunire in Germania i tuoi capelli d'oro Margarete I tuoi capelli di cenere Sulamith scaviamo una tomba nell'aria là non si giace stretti…