(Baltimora 1880-1956) scrittore statunitense. La sua scuola fu il giornalismo militante, nel quale esordì giovanissimo come cronista, poi «columnist» dei quotidiani di Baltimora. Le sue letture, in particolare quella di Nietzsche, gli fornirono un eccentrico modello di ribellione. Dal 1908, divenuto redattore, poi condirettore dello «Smart Set», infine fondatore, con G.J. Nathan, dell’«American Mercury», dominò la scena letteraria americana, assumendosi il ruolo del lucifero sagace e ribelle, distruttore di stereotipi mentali e morali, sostenitore, contro il filisteismo «puritano», dei nuovi scrittori, T. Dreiser, S. Anderson, E. O’Neill, S. Lewis. Uscivano intanto i suoi libri più significativi: la serie dei Pregiudizi (Prejudices, 1919-27) e La lingua americana (The american language, 1919) in cui, coerente con la sua battaglia in favore del nuovo, metteva in rilievo i caratteri specifici dell’americano rispetto all’inglese, accumulando un vasto campionario di informazioni filologiche dal vivo. Seguirono, spente ormai le polemiche, i diari: Giorni felici (Happy days, 1940), Giorni pagani (Heathen days, 1943).