(Città del Guatemala 1899 - Madrid 1974) scrittore guatemalteco. Esordì come studioso di etnologia e storia delle religioni a Parigi e tenne sempre fede a questa sua prima vocazione, alla quale venne via via aggiungendo sempre nuovi elementi di fantasia e un ricco bagaglio di fabulazione barocca. Il suo primo libro, Leggende del Guatemala (Leyendas de Guatemala, 1930), fu subito tradotto in francese, con una prefazione di P. Valéry. Pubblicò poi un romanzo: Il signor Presidente (El señor Presidente, 1946), allucinata e torbida satira di un dittatore sudamericano, scritta in uno stile tra espressionista e secentista. Alla leggenda e a una struttura apparentemente frammentaria A. ritornò con Uomini di mais (Hombres de maíz, 1949), che riunisce i pregi dei due libri precedenti. Invece, a una linea più impegnata, nel senso dell’indagine sociopolitica, rispondono i romanzi successivi, che formano una trilogia dello sfruttamento straniero della ricchezza bananiera del Guatemala: Vento forte (Viento fuerte, 1950), Il papa verde (El papa verde, 1954) e Gli occhi che non si chiudono (Los ojos de los enterrados, 1960). Alla stessa linea di denuncia di situazioni-tipo del suo paese appartengono anche i tre racconti lunghi di Week-end in Guatemala (1956). Negli ultimi romanzi, La pozza del mendico (El alhajadito, 1961), Mulatta senza nome (Mulata de tal, 1963), Il ladrone (Maladrón, 1969) e Venerdì di passione (Viernes de dolores, 1972), A. tornò in gran parte alla rappresentazione del mondo superstizioso, leggendario e mitico dei suoi esordi, non trascurando però la nota grottesca, talora sarcastica e quasi satirica. Nel 1967 gli fu conferito il premio Nobel.