Luoghi comuni. Il potere della parola. Errori, bellezze, stranezze del linguaggio giornalistico italiano
“Tragedia maturata” e “brancolano nel buio”, “pecora nera” e “la vicenda si tinge di giallo”, ma anche “nella misura in cui” e “la riunione si svolge presso”, poi ancora “misura shock”, “stringere la cinghia”, “si sono portati sul posto, pistola alla mano” e poi cascate di parole inglesi come vision, mission, know-how, fashion, look, e l’ultimo dilagante “lockdown”. Sono alcuni tra i tanti luoghi comuni o frasi fatte che leggiamo sui giornali o ascoltiamo alla radio o in tv. Qualche volta aiutano a capire meglio le notizie, altre volte invece appesantiscono e sviano, rallentano il racconto, portano distrazione, travisano il significato. Fabrizio Binacchi, giornalista di lungo corso, di carta stampata e televisione, ha raccolto espressioni da luogo comune e parole stereotipate, tic verbali e frasi fatte commentandole con ironia, mettendosi dalla parte del lettore e del telespettatore. Ricorda anche episodi personalissimi, come quella discussione al Tg1 con Paolo Frajese sulla parola “esubero” che il conduttore non voleva pronunciare e quella chiacchierata con Federico Scianò sulla differenza tra “parole croccanti” e “parole flaccide”. C’erano frasi fatte e parole stereotipate anche nelle cronache dei grandi giornali italiani appena nati nella seconda parte dell’Ottocento, come racconta nel suo contributo “storico” il professor Angelo Varni: ci si imbatte nelle “inevitabili“ aggettivazioni come “efferato delitto”, “onesta franchezza” e “sinistro crepitare delle fucilate”. Come dimenticare, poi, i luoghi comuni dell’informazione sanitaria? Su questo aspetto il neurochirurgo professor Pasquale De Bonis elenca curiosità e stereotipi in campo medico-chirurgico e spiega le reazioni del nostro cervello. La giornalista Camilla Ghedini, infine, illustra nell’introduzione come la parola giusta al posto giusto è indice di correttezza e anche di bellezza.
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