Camilleri usa come pretesto un saggio storico per affrontare in punta di piedi, da uomo non di fede, il tema del sacrificio della propria vita e se essa sia o meno nella nostra disponibilità. Le cronache di questi mesi, il dibattito, purtroppo in gran parte superficiale e isterico, scatenato dal caso Welby e soprattutto dall'utilizzo mediatico che ne è stato fatto, ancora una volta ha diviso gli italiani in fazioni da stadio calcistico. Camilleri cita espressamente la cronaca di questi mesi ma si rifiuta di dare risposte semplificatorie, il senso di incompiutezza del libro è dato proprio da questa necessità di concludere con dei puntini di sospensione. Lo "scandalo" del sacrificio della vita di dieci suore, offerta in dono per la salvezza del loro vescovo, si collega all'analogo "scandalo", anch'esso riportato nel libro, del sacrificio di padre Massimiliano Kolbe, che nel campo di concentramento di Auschwitz si fece uccidere al posto di un padre di famiglia. Posizioni incomprensibili come incomprensibile la posizione della Chiesa su eutanasia e suicidio assistito? Forse ma, come scrive Camilleri: "..non capire non è un fatto aprioristico, è semmai una conclusione che assai somiglia a una sconfitta. Si arriva in genere alla conclusione di non avere capito solo dopo avere disperatamente cercato, tentato di capire col lume della ragione e anche, perché no, in particolari situazioni, mettendo in campo quel tanto di fede che ognuno di noi ha, anche se non in senso strettamente religioso, perché non c'è uomo che non abbia qualcosa in cui credere."




Le pecore e il pastore
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Anno edizione: 2007

Anno edizione: 2012



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Descrizione
Un atto di lettura è all'origine di questo giallo storico. La curiosità dello scrittore viene attratta da un libro, dimesso e periferico in apparenza. Lo scrittore precipita nella lettura, ma inciampa in una nota a piè di pagina. La brevità della nota stenta a contenere l'immanità del fatto. Recita la nota: "Nella lettera del 16 agosto 1956 l'Abadessa sr. Enrichetta Fanara del monastero benedettino di Palma Montechiaro così scriveva a Peruzzo: 'Quando V. E. ricevette quella fucilata e stava in fin di vita, questa comunità offri la vita di dieci monache per salvare la vita del pastore. Il Signore accettò l'offerta e il cambio: dieci monache, le più giovani, lasciarono la vita per prolungare quella del loro beneamato pastore'". Il "pastore" delle giovani "pecore", che si lasciarono morire di fame e sete in una lunga agonia, era il vescovo di Agrigento Giovanni Battista Peruzzo: il "vescovo dei contadini" che, in nome della giustizia sociale, e a dispetto del professato anticomunismo, aveva messo il suo carisma e la sua possente eloquenza al servizio dei deboli e degli abbandonati: contro gli agrari; e contro quella "struttura di peccato", che era il latifondo incolto. Immancabilmente, due proiettili ferirono a morte il vescovo. Era una sera d'estate del 1945. Dieci monache offrirono le loro vite a Dio. Il vescovo sopravvisse al baratto. Mentre dieci cadaveri si dissolvevano nel silenzio di una strage dimenticata.
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Anno edizione:2007
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Andrea Camilleri
1925, Porto Empedocle (Agrigento)Nato a Porto Empedocle (Agrigento), Andrea Camilleri ha vissuto per anni a Roma. Dal 1939 al 1943, dopo un periodo in un collegio da cui viene espulso, studia ad Agrigento al Liceo Classico Empedocle dove ottiene la maturità classica senza dover sostenere l’esame a causa dell’imminente sbarco degli alleati in Sicilia. A giugno inizia, come ricorda lo scrittore, "una sorta di mezzo periplo della Sicilia a piedi o su camion tedeschi e italiani sotto un continuo mitragliamento per cui bisognava gettarsi a terra, sporcarsi di polvere di sangue, di paura". S’iscrive all’Università (Facoltà di lettere) ma non si laureerà mai. Si iscrive anche al Partito Comunista.Inizia a pubblicare racconti e poesie e vince il Premio...
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