Uno dei film più poetici di questo quarto di secolo: la solitudine arriva (quasi) inesorabilmente dopo una vita in cui si è lasciato poco spazio ai sentimenti ed in cui si è stati ottusi, specialmente con le persone che ci hanno accompagnato durante il nostro percorso. Eppure c'è sempre un modo, una via per recuperare: il perdono verso chi ci ha tradito, l'altruismo verso chi ne ha bisogno, la comprensione verso chi è diverso o non la pensa come noi. Jack Nicholson non lo si scopre di certo ora, ovviamente, ma proprio perché lo si è visto in tante pellicole posso dire con una percentuale di errore dello 0,1% che questa è la sua migliore interpretazione di sempre: non fosse altro per il personaggio del sig. Schmidt (un fesso rincoglionito perdente e pure cornuto!). Alexander Payne è un regista con un suo stile: intelligente ed acuto non cade mai nel banale, riuscendo, senza ammorbarci (e non è cosa da poco), a coniugare il dramma (della solutidine) con la commedia... E alla fine, quando il "disegno" del film è completo, ci emoziona tutti...
