Il libro racconta la storia di Adele, una ragazza di quattordici anni che una sera, mentre sta tornando a casa, viene stuprata e deturpata al volto: questo fatto cambierà completamente la sua vita, vivrà distante dai suoi coetanei e ci saranno diversi episodi di cattiveria nei suoi confronti. Indubbiamente il tema è importante ed è affrontato con delicatezza e maturità dall’autore che riesce a rendere verosimili i pensieri e le emozioni della protagonista: in un mondo dove l’apparire è predominante, quanto dolore può nascere da una situazione così drammatica? E quali conseguenze porteranno su Adele? E’ incredibile quanto la gente sia indifferente e malvagia. Molto bello il personaggio Elia che guarda oltre le apparenze ed è affascinato dalla personalità della ragazza. La storia è coinvolgente, grazie anche alla narrazione in prima persona e allo stile fluido e dettagliato. Ringrazio l’autore per aver inserito anche il tema della separazione che, nonostante la società l’approvi e la consigli, è sempre un male sotto tutti i punti di vista e genera ferite incolmabili nei figli. E’ davvero un buon libro, nonostante la brevità.
Quel muro che ci unisce
Adele ha quattordici anni quando una tragedia si abbatte sulla sua vita spensierata, costringendola a chiudersi in casa e a incontrare solo le persone di cui si fida: Beatrice, la sua migliore amica, i suoi genitori e Sara, la psicologa che cercherà di farla uscire dal guscio che si è creata. Tre anni dopo, Adele si sente un ostaggio della vita. Non ha mai superato quel trauma e le cicatrici, sia esterne che interne, la tormentano giorno e notte. Eppure la musica di un violino, che suona ogni sera dalla villa accanto, la incuriosisce al punto da condurla fino al suo balcone, a nascondersi dietro un muretto divisorio per poterla ascoltare nell’ombra. Indisturbata. Chi è il talentuoso musicista? Chi sono quei nuovi vicini di casa? Adele dovrà affrontare i propri demoni e le proprie paure, in un viaggio interiore intenso e commovente; riuscirà l’amore a farle cambiare idea sul modo di vedere se stessa, le persone e la vita?
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Lingua:Italiano
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Isabella Liberto 05 giugno 2020
Adele, ragazza di quattordici anni felice e spensierata, il primo giorno di vacanze estive dopo la fine dell’anno scolastico, si organizza con la sua migliore amica Bea per passare una serata a divertirsi e rilassarsi. A fine serata Adele rincasa ma la sua strada è piuttosto buia, così non riesce a vedere l’uomo ubriaco che la afferra con forza, stuprandola e lasciandola a terra in una pozza di sangue. La vita di Adele cambia drasticamente da quel giorno, finché tre anni dopo, un “muro la unisce” a Elia, il suo vicino di casa, e la speranza di ricostruire il suo cuore distrutto si fa strada dentro di lei. L’autore affronta un argomento molto drammatico: lo stupro, trattandolo con grande delicatezza e dimostrando forte empatia per il mondo femminile, che delinea in modo minuzioso e sorprendentemente verosimile. Da un punto di vista sociologico, le domande che pone l’autore nel suo testo – e che si pone, dunque, la sua protagonista – sono alla base dei dibattiti sugli stupri. È colpa della donna? È stata lei a provocare? Cosa penserà la gente? È forse colpa dei genitori? Si poteva fare qualcosa per evitare? Fino ad arrivare alla stigmatizzazione della vittima, specie se ha subìto danni fisici. L’autore ha inserito anche i commenti malvagi dei ragazzi, che influiscono negativamente sulla psiche di Adele, costringendola a rinchiudersi in casa nel suo dolore, tagliando fuori tutto il resto. Il titolo è un ossimoro: un muro non può unire, ma dividere. Per l’autore invece il muro che divide Adele da Elia, anche se è fisico e li tiene distanti, non contribuisce minimamente a separarli, anzi, quel muro li ha fatti incontrare e i loro incontri li uniscono sempre di più. Un testo che va al di là della “semplice” storia narrata, e garantisce al lettore molti spunti di riflessione, molte visioni su cui argomentare e dibattere, il che rende la trama “importante”.
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