Il ragazzo selvaggio - Jean Itard - copertina
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Il ragazzo selvaggio
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Descrizione


Nel 1798, in Alvernia, tre cacciatori catturarono un ragazzo cresciuto in solitudine tra i boschi; qualche tempo più tardi il giovane fu condotto a Parigi. I curiosi della capitale si accalcarono al suo arrivo; credevano di incontrare il Buon Selvaggio di Rousseau; videro un essere in preda alle convulsioni, che mordeva e graffiava chiunque gli si avvicinasse e amava giacere in mezzo ai suoi escrementi. Sarebbe finito nel ricovero degli idioti, se un giovane medico, Jean Itard, non avesse ottenuto di tentarne l'educazione. Nel 1801 e nel 1807 Itard scrisse, su questo tentativo, due relazioni, raccolte in questo volume, che sono tra i testi più affascinanti della psicologia e della pedagogia di tutti i tempi. Nella prima relazione, Itard celebra il lavorio della Civiltà che, attraverso nuovi bisogni, crea nuove idee, con un'enfasi che nella seconda si va smorzando e si spegne. Le certezze dell'educatore vengono incrinate dalle resistenze insormontabili che il suo programma educativo incontra, e dall'ostinato rimpianto che il Selvaggio sembra nutrire per i boschi. Sino a che punto la Civiltà è d'aiuto alla felicità individuale? Questa e altre domande non meno radicali sfiorano pagine in cui si riflette la timidezza, e quasi il rossore, di una nuova scienza: quella dell'uomo.

Dettagli

28 aprile 2011
120 p., Brossura
9788877108951

Valutazioni e recensioni

  • Se ciò che ci differenzia da un qualsiasi primate è la cultura, il pensiero astratto e la capacità di rappresentarci la realtà ed agire su di essa al di là dei bisogni immediati e primari, cosa succederebbe se vivessimo fin dalla più tenera età nel fitto di un bosco, avulsi da tutte quelle condizioni che normalmente favoriscono il manifestarsi di queste facoltà? Lontano dall'Emile Rousseauniano che pur se isolato dalla civiltà cresce orientato dalla matrice francese di cui è portatore chi lo guida, e ovviamente lontanissimo dall'immagine rassicurante di un Muogli, Victor al momento del ritrovamento nei boschi dell'Aveyron è ridotto al puro istinto animale senza che nulla, al di là dell'aspetto fisico, desse una parvenza di umanità. Il difficile compito di cui Itard si farà carico e di cui abbiamo un resoconto in queste pagine è proprio educare Victor e renderlo "civile", restituirgli tutto ciò che lo stato di natura non gli ha mai concesso. E in questa sorta di diario vediamo gli sforzi di quest'uomo e percepiamo tutto l'affetto appassionato che riverserà sul piccolo Victor, tentando di risvegliare in lui i sensi rimasti sopiti dal solo esercizio della vista e molto relativamente dell'udito unica via a suo dire per stimolarne l'intelletto e l'affettività apparentemente perduti. Un'impresa che all'epoca pareva poca cosa, quasi quanto educare un bambino partendo da zero, dalla culla, ma ben presto risulteranno evidenti le difficoltà insormontabili che giocoforza riguardano il plasmare una mente e un corpo già formatisi seppur in maniera rozza e rudimentale per renderli consoni alle consuetudini della vita di città che, in fondo, non è forse necessariamente preferibile a quella a cui Victor è stato strappato.

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