Ne “Il silenzio coprì le sue tracce” di Matteo Caccia, è imponente la forza selvaggia della natura, degli alberi, delle montagne. Bastano poche pagine per trovarsi a camminare nei boschi, sentire sulle braccia il freddo pungente delle cime innevate. Il protagonista è Pietro, detto Zambo, che deve compiere una missione per conto del padre nella Maremma verso la quale si incammina assieme al suo cane lasciandosi alle spalle l’auto, la civiltà e i rapporti consolidati. È un viaggio a passo d’uomo, il suo, tra sentieri di montagna e paesi fantasma, zaino in spalla e Tobia al fianco. Un viaggio fisico e interiore, durante il quale ritrova un vecchio amico di famiglia pronto ad aiutarlo nella sua missione. Passo dopo passo, lento e inesorabile, si spoglia delle consapevolezze di una vita, butta al suolo una zavorra dopo l’altra. Impara a procurarsi il cibo dalla terra o dall’acqua, quando le forze e il tempo son clementi. Lo caccia tra gli alberi, predatore immobile come un tronco secolare. Predatore come Libero, un lupo, un esemplare solitario e macilento catturato e messo in osservazione. Un animale indomito che Zambo libera e con cui prosegue il suo viaggio verso una meta che non reclamerà la sua presenza. In questo romanzo l’autore porta volutamente l’essere umano agli estremi, isolandolo e affamandolo, spogliandolo di ogni certezza e di ogni agio per spingerlo inesorabilmente verso la scoperta di un io che dovrà poter gestire al meglio per non soccombere alle leggi della natura. Tutta. Consigliato: sì, soprattutto agli amanti di Cormac McCarthy ;)
Il silenzio coprì le sue tracce
Un uomo sale in montagna col proprio cane. Non ne scenderà più. Con sé ha poche provviste e una vecchia pistola. Camminando tra valli, coste e villaggi abbandonati dell’Appennino si lascia alle spalle la sua vita passata e la civiltà, per raggiungere un luogo del padre che ha deciso diventerà suo. Durante il viaggio incontra uomini e donne che si sono rifugiati in una delle aree più selvagge del nostro Paese – un mondo antico che, pur proteggendoli, li sfida ogni giorno. Il lupo, la specie più saggia e selvaggia rimasta sulle nostre montagne, lo guiderà alla ricerca di una donna incontrata e subito persa, e alla scoperta della parte indomita dell’essere umano. Questa è una storia di uomini, boschi, animali e montagne, un romanzo che racconta il ritorno della natura, fuori e dentro di noi, e di quella emergenza selvatica in grado di sconvolgere la quotidianità a pochi passi dalle nostre vite.
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KATYA VETTORELLO 21 settembre 2018
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In questo libro Matteo Caccia crea un contesto lento, selvaggio e silenzioso. Zambo, confrontandosi con il suo cane e, in un crescendo, con un lupo conosciuto nei boschi, scopre come anche lui sia caratterizzato da un lato più domestico ed uno più selvatico. Ma è proprio nel confronto con la razza umana che il protagonista scopre negli uomini i veri predatori selvaggi e malvagi. Una fiaba contemporanea, da leggere due volte: per quanto la trama sia facile e lineare, è giusto ritornare sullo stesso sentiero e rivisitare gli stessi posti per capire come sono cambiati , o come siamo cambiati noi. Proprio come fa il protagonista. Da leggere possibilmente in una casa di campagna, lontano da tutti e con il mondo selvaggio fuori dalla porta
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Questo romanzo racconta del ritorno alla natura selvatica in grado di sconvolgente la quotidianità. La vicenda degli uomini si inserisce silenziosa nell’ambiente rimasto incontaminato degli Appennini, dove ogni gesto è dettato solo dalle leggi naturali, antiche e primordiali, quelle della sopravvivenza. Zambo, il protagonista, percorre un lungo viaggio dall'entroterra genovese fino alla Maremma, in compagnia del suo cane, per adempiere a un ultimo desiderio del padre, ex partigiano scomparso da poco. Una lettura leggera e appassionando dallo stile sobrio e pulito. Ne consiglio la lettura.
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