Spellechia, Diomira e Menechella. Dramma comico-sacro del 1700
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A metà del Settecento, un Cappuccino di Vietri di Potenza, padre Agostino, scrive un’opera teatrale mistica e giocosa al tempo stesso, incentrata sulla vita di san Giuseppe da Leonessa, da poco elevato agli onori degli altari. Rimasta inedita per due secoli e mezzo, l’opera che oggi viene pubblicata, è uno dei pochi testi di teatro pro-dotti in Basilicata e che si avvicina per valore religioso e letterario all’Adamo caduto di Serafino da Salandra. Il testo si inserisce in quella ricca messe di produzioni che la commedia dell’arte vede fiorire tra Napoli, Venezia e Parigi. Alcune figure, come la popolana Menechella, i servi Spellecchia e Finello, e i personaggi di Diomira, Amulio, il Demonio e Murad II, rinviano contemporaneamente all’esperienza teatrale di Goldoni e alla drammatica gesuitica tardo cinquecentesca, mentre i versi in rima richiamano la poesia del Metastasio. Agostino da Vietri si presenta dunque come una delle voci più interessanti della letteratura settecentesca lucana e come un autore che non può mancare nelle biblioteche di quanti amano la scrittura devozionale e comica prodotta in Italia nei secoli passati.
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Anno edizione:2021
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