Affrontare un esperto come Abrahamian richiede molta attenzione e, a tratti, molta pazienza, ma lo sforzo è premiato da un arricchimento senza paragoni.
Certo, tutta la prima parte, dai Qajar fino al colpo di Stato di Reza Shah, risulta un tantino ostica, vuoi per la mole di informazioni, vuoi per un periodo storico non propriamente interessante - una società ancora "primitiva, se mi è concesso il termine" - ma che ci introduce all'Iran moderno, dalla presa del potere da parte dei Pahlavi sino all'attuale Repubblica Islamica voluta da Khomeini.
Mai sottotitolo fu più appropriato: "L'Iran è entrato nel Novecento coni buoi e l'aratro di legno. Ne esce con un programma nucleare". Un'evoluzione storica, politica, civile, di usi e costumi, di diritti conquistati, poi repressi, poi faticosamente riconquistati o tollerati.
Una totale panoramica sull'arretratezza di una società quasi ancora clanica e tribale, sull'oscurantismo religioso islamico, sulla modernizzazione forzata e calata dall'alto, sugli enormi interessi occidentali (quante colpe, anche recentissime, ha l'Occidente - Bush in primis), sulla Rivoluzione Islamica che ha fatto precipitare nuovamente il Paese nelle mani di chi "il fine generale era islamizzare l'Iran. Gli estremisti auspicavano la conversione delle antiche rovine di Persepoli in orinatoio pubblico"... Ci ricorda nulla?
Fino ai giorni nostri, o meglio, ai giorni in cui si conclude la narrazione, con l'elezione di Ahmadinejad.
Insomma, la scoperta (o la riscoperta per chi ha una certa anche minima infarinatura di storia mediorientale) di uno splendido Paese, di una splendida Storia, di una splendida Civiltà che potrebbe insegnare qualcosa e stupire ancora il mondo - assumendo la leadership Mediorientale - se solo riuscisse a scrollarsi di dosso il fardello di essere formalmente una Teocrazia e a dismettere la pesante cappa di fondamentalismo che, ahinoi, pervade parte delle popolazioni di quella parte di mondo.
