Di Mirko Zilahy avevo letto la trilogia del commissario Mancini, un profiler che aveva imparato le tecniche più moderne investigative in America per poi tornare a Roma, dove si trova ad avere a che fare con dei serial killer che agiscono nella capitale. Come è ben noto in Italia non c'è una vera e propria problemativa dovuta a queste figure criminali, ma Zilahy riusciva a scrivere tre buoni romanzi rendendo tutto, o quasi, molto credibile. Con questo nuovo romanzo invece si ricomincia con una storia che credo sia autoconclusiva: il protagonista, anche se il romanzo è abbastanza corale, è un professore universitario specializzato in Scienze Geologiche. Ora, nella letteratura thriller, abbiamo avuto molte figure di professori universitari: letteratura, matematica, storia dell'arte ecc. ma questa è la prima volta che trovo in un romanzo questa qualifica e devo dire che ho provato una noia mortale a leggere le varie spiegazioni su pietre, minerali e studi che John Glynn spiegava nei suoi capitoli. Molto più interessanti invece quelli che riguardano il commissario Rico Trivelli, di un penitenziario di Viterbo (dove si svolge il romanzo); anche se non si tratta di una grande figura investigativa ha comunque buone intuizioni e aiuta i protagonisti a risolvere un mistero del passato di Glynn, avvenuto a Titania (una città costruita dopo aver trovato giacimenti di titanio) riguardanti la scomparsa di un bambino. Quindi alla fine mi ritrovo un romanzo complesso, fumoso, a volte noioso che mi ha soddisfatto davvero poco, ed è un peccato perché aspettavo da tempo un nuovo libro di questo autore.
