Mi sono avvicinata ad Arkadij Dolgorukij fiduciosa, con la speranza di trovare in lui un appoggio, un coetaneo solidale. Quello che lui mi raccontava (quasi) in diretta era una storia familiare, un ciclo continuo che si ripete da secoli, sempre identico e sempre diverso, di sicuro profondo e conturbante: la cronaca epica e intramontabile del passaggio all'età adulta, l'insicurezza mista all'orgoglio, il fascino e la paura del nuovo, la nostalgia e la nausea del vecchio, i desideri frustrati, le vincite insperate. E questi gustosi ingrendienti mica li mescolava uno qualsiasi: l'artefice era propio lui, Dostoevskij, uno dei migliori gourmet della letteratura mondiale da sempre. Romanzo fondamentale, ricco di conforto.
