L' autunno delle libertà. Lettere ad Ada in morte di Piero Gobetti
In occasione della morte di Piero Gobetti, avvenuta in esilio a Parigi il 15 febbraio 1926, le figure più eminenti della cultura e della vita pubblica italiana si strinsero attorno a sua moglie Ada: tra questi, intellettuali come Croce e Fortunato, Salvemini ed Einaudi, Dorso e Salvatorelli, Rosselli e Sraffa, ma anche uomini politici come Sturzo, Tasca, Miglieli e tanti altri. Se, negli scritti degli amici, sotto il profilo umano Gobetti è presentato come una persona amabile e gentile, ma anche ardente di passione e volitiva, sotto quello politico è il prototipo dell'antifascista. L'aureola del martirio fa sì che ad alcuni corrispondenti appaia come una sorta di santo laico e la tomba, come risulta dalle lettere, diventa presto un luogo di culto. Quanti scrivono da Parigi (Prezzolini, Emery, Oberti, la famiglia Nitti) si soffermano sulla malattia, sul rapido decadere fisico: centrale diventa il corpo che Piero, preso dal suo vorticoso impegno intellettuale e politico, aveva tanto trascurato. Particolarmente ricche di pathos sono le lettere delle donne. Ada è al centro delle loro attenzioni; esse esprimono senza filtri sentimenti ed emozioni e appaiono poco interessate al contributo intellettuale del defunto marito. Numerose sono, quindi, le chiavi di lettura che emergono da queste lettere, spesso anche letterariamente pregevoli.
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