Il bambino che parlava con i cani - Eva Hornung - copertina
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Il bambino che parlava con i cani
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Descrizione


Romocka è seduto sul letto e fissa la porta dell'appartamento con la speranza di vedere comparire qualcuno. Ha solo quattro anni e sua madre è sparita da una settimana, lasciandolo solo in quella casa lurida e vuota alla periferia di Mosca. Non c'è anima viva in tutto il palazzo, il freddo è pungente e la luce che filtra dalle finestre traccia spietatamente i contorni di quella desolazione. Dopo aver resistito tre giorni mangiando quel poco che trova, Romocka decide di uscire per strada, ancora in testa gli ammonimenti della mamma: non parlare con gli sconosciuti, non accettare cibo, non toccare i cani che portano malattie. Ma ora, lo sa bene, si tratta di sopravvivere. Così, quando vede una cagna sul marciapiede di fronte, non esita a seguirla. I cani, si dice, sono caldi. Da quel momento viene accolto all'interno di un piccolo branco di randagi, e la loro tana diventa la sua casa. A poco a poco, da cucciolo spaurito e indifeso, diventa uno di loro: si nutre del latte della cagna, impara a cacciare, affina l'olfatto. Lasciandosi alle spalle la vita precedente, conosce un'esistenza scandita dai bisogni primari ma in cui scopre l'amore e l'amicizia nelle loro forme più pure. Finché il mondo degli uomini spesso più violento e brutale di quello animale - non tornerà a reclamarlo, costringendolo a scelte dolorose. Una storia dura e commovente che fa riflettere sulla condizione umana. Svelando che, a volte, è nella natura più selvaggia che si ritrovano i sentimenti più autentici.

Dettagli

Tascabile
26 marzo 2013
303 p., Brossura
9788856632491

Valutazioni e recensioni

  • orabarbara
    Stupefacente

    Lasciamo stare copertina e titolo, pessimi, questo libro è una bomba. Il titolo originale è “Dog boy”, tutta un’altra storia. Ambientato in Russia, sembra di guardare il film “La ragazza d’autunno”, quel freddo dentro e fuori, la desolazione, le privazioni, la fame, le case con la cucina in comune. Un bambino di 4 anni Romocka si sveglia ed è solo, ha freddo, si raggomitola nelle coperte, lo zio arriverà, pensa. La madre era già sparita, non si sa se morta o cosa. Lo zio non torna, i giorni passano, il bambino ha fame, esce e nel viavai della città che non lo vede incontra gli occhi di una cagna che lo accolgono, lui la segue e da quel momento entra a far parte del branco. Si apre un mondo nuovo narrato non come un cartone animato. Gli animali non sono umanizzati, non parlano, sono animali e tali restano. Il bambino non diventa un cane ma resta un bambino che vive con i cani e ne impara il linguaggio dei guaiti o degli abbai, impara cosa significa segnare il territorio, a pensare da branco, impara a prendersi cura dei fratelli cani. Chiunque ha un’animale in casa sa cosa significa vivere nella bolla d’amore fatta di occhi fiduciosi e pelo morbido accanto. Il ragazzo cane vive questo ma anche tutto quello che serve alla sopravvivenza; la caccia per mangiare, la lotta con i branchi estranei che invadono il territorio, la paura e la fuga dall’uomo. Ma in Romocka continua a vivere la sua natura umana, è attratto da quel mondo che vede scorrere dalla fermata della metropolitana. Si avvicina per conoscerlo e per necessità di sfamare il branco. Capisce che lui può fare anche quello. Lo catturano, scappa, lo catturano ancora, vogliono studiarlo, vogliono aiutarlo, vogliono riportarlo alla normalità. Ma a quale prezzo? e con quanta ferocia? Molto belle le descrizioni, molto dure e aspre alcune, anche se, senza andare a cercare i filmati girati nei mattatoi credo possa bastare andare dal macellaio per ritrovare quella carnalità.

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