ENRICO GIACOVELLI
03 dicembre 2017
Davvero una sorpresa questo romanzo italiano del 1944, modernissimo per la scrittura agile, moderna, priva di retorica, e per il modo in cui sovrappone sogno e realtà. C'è qualcosa di Campanile, anche se lo scopo primario non è quello di far ridere il lettore; c'è qualcosa di Calvino, anche se le vicende - perfino quelle di sogno - sono perlopiù realistiche; e qua e là c'è perfino l'ombra di Céline, in qualche digressione e in qualche monologo con tanto di tre puntini a iosa. Un piccolo capolavoro, raro, completamente isolato dalla letteratura italiana dell'epoca e non soltanto dell'epoca.
