Partivo anch'io piuttosto scettico su un'autobiografia che poteva essere una mera autocelebrazione, ma la lettura - peraltro molto scorrevole - regala invece il ritratto di una persona molto attenta a valorizzare chi le sta intorno, prima ancora che a raccontare la propria ascesa. Ma ciò che, forse involontariamente, emerge è la grande solitudine di un personaggio, che guida e coordina una squadra, certo; che fa parte di un gruppo più ampio (a livello italiano, UEFA e poi FIFA), senz'altro; che afferma con grazia e autorevolezza il suo punto di vista a 22 personalità spesso ingombranti, e merita tutta la nostra ammirazione in questo. E che però è fondamentalmente solo - contro* tutti - a gestire un stress crescente, cosa che lo accomuna a tanti leader, e che fa di questo anche un utile testo di management della complessità.
Che gusto c'è a fare l'arbitro
«E allora?» urlo. «Allora cosa?» risponde l'arbitro. «Dico, solo punizione? A momenti mi stacca una gamba!» Comincia così, con un cartellino rosso non dato, la carriera di Nicola Rizzoli, che quel giorno del 1987 a Bologna ha sedici anni e non è l'arbitro, ma un attaccante. Ed è proprio per scoprire tutti i segreti del regolamento e poter ribattere a tono che decide di iscriversi al corso per arbitri. È l'inizio di un percorso lungo quasi trent'anni che, dai campetti di provincia e dalle trasferte in solitudine in ogni angolo d'Italia, lo condurrà al palcoscenico degli Europei 2012, a Wembley per la finale di Champions League 2013, fino al leggendario Maracanã di Rio per la finale degli ultimi Mondiali Germania-Argentina. Per la prima volta Nicola Rizzoli racconta i suoi segreti tecnici, i momenti di goliardia vissuti con i compagni di avventura, gli ineludibili riti prepartita - la playlist da ascoltare nello spogliatoio, il Vicks Vaporub da respirare a fondo per rilassarsi, lo stemma Fifa da cucire personalmente sulla divisa con ago e filo come gli aveva insegnato a fare la nonna -, tanti retroscena e aneddoti che includono campioni del calibro di Messi, Ibrahimovic, Cassano, Totti, Baggio, Maldini. Ma ricorda anche la bufera di Calciopoli, tutti i suoi sbagli, il rapporto prezioso con un maestro come Pierluigi Collina e le volte in cui è stato a un passo dal mollare tutto. Che gusto c'è a fare l'arbitro è un viaggio emozionante nella carriera del miglior arbitro del mondo, è una fonte di ispirazione preziosa per chi ha scelto o sceglierà di seguirne le orme, è una vera, convinta, divertente, serissima dichiarazione d'amore al gioco del calcio.
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libro leggero ma che ti fa capire aspetti che dall' esterno non si percepiscono, per chi ama lo sport e vuole capire la realtà che lo compone senza per forza pensare sempre male...
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FRANCESCO ILLIANO 22 ottobre 2015
BELLISSIMO
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