"Mi sento come una barca a vela intorno alla quale non tira vento. E poi, all'improvviso il vento si alza e io ricomincio ad avanzare in un senso di pesantezza improvvisa, come se sprofondassi ovunque e non avessi nulla a cui aggrapparmi" Eva e Marteen, coniugi settantenni originari dall'Olanda, vivono da anni negli Stati Uniti, a Boston. La loro, è una vita fatta di poco: tanta tv, le passeggiate con il cane Robert, le parole crociate, quattro chiacchiere la sera prima di cena, sere a letto presto, pochi incontri e tanta solitudine. I figli sono adulti, hanno le loro vite, vivono lontano e vanno a trovarli di rado. Ma a loro va bene così, non si impongono e poi, in verità, sono felici lo stesso perché si bastano l'un l'altra. Fino a che sulla mente di Marteen cala il velo della dimenticanza, improvvisamente. Torna a casa dalla passeggiata senza ricordare nulla, scambia Vera per sua madre e il giorno con la notte, pensa di dover tornare al lavoro, esce di casa per andare dal padre, morto più di cinquanta anni prima. Vera chiede aiuto mentre osserva Marteen scomparire e trasformarsi, in un crescendo di dimenticanze sempre più gravi che aumentano insieme al ritmo della narrazione, che si fa più accelerata: le frasi si asciugano, le immagini si restringono e confondono, tutto è come risucchiato da quel buco nero che ha annullato la memoria a breve termine di Marteen, portandosi via tutto e tutti. "Chimere" è un libro sulla vecchiaia di una tenerezza genuina e priva di retorica, su cosa significa essere vecchi e soli, sulla memoria e sulla sua importanza, scritto con un linguaggio semplice, a tratti didascalico, che arriva dritto alla coscienza del lettore e lo interroga sulla fase ultima della vita, sulle sue debolezze e fragilità. Su quanto spesso ne abbiamo paura o la teniamo a distanza, come se mai dovesse toccarci.
