Come se - Luigi Santucci - copertina
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Letteratura: Italia
Come se
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Descrizione


«"Come fai a sapere tutto questo?" "Tutto so. So anche che lavori al tuo capolavoro: una messa. Una messa al buio, come se credessi. Ma non ti basterà la vita per finirla. E scusa se oggi non ti ho fatto ridere"». Il rapporto dialettico fra il giovane Mico, accordatore di strumenti musicali, e il suo fratello adottivo Klaus, compositore geniale eppure irrisolto, costituisce l'asse portante di Come se. Questa conversazione tra Mico e Klaus sembra quasi una dichiarazione autobiografica. Rispondendo a una domanda di Giliolo Badilini che gli chiedeva se si sentisse più Klaus o più Mico, Santucci ha dichiarato: «Mi sento un Klaus che di giorno in giorno si sforza, con alterni esiti, di diventare un buon alunno di Mico». Come se è l'opera «teoreticamente più densa di Santucci», secondo le parole di monsignor Ravasi, e la più cara al suo autore. Quello di Santucci è un itinerario della fede nel raggio della poesia, una fede vissuta come scommessa pascaliana, una letteratura vissuta come esercizio profetico, un itinerario che dalla «imperfetta letizia» dei «non santi» arriva al «come se» dell'omonimo romanzo, ove si contrappone il «così è», ovvero il regno di Dio, al «come se», ovvero il regno dell'uomo. Pochi scrittori come Santucci hanno saputo coniugare la gioia e il senso della tragedia, la disperazione e l'accettazione religiosa della vita, la peregrina eresia del vivere con la certezza di quella fede che sembra sempre più proporsi all'uomo come l'unica felicità possibile.

Dettagli

25 febbraio 2013
224 p., Brossura
9788838241994

Conosci l'autore

Foto di Luigi Santucci

Luigi Santucci

(Milano 1918-99) scrittore italiano. Esordì nel 1942 con il saggio Limiti e ragioni della letteratura infantile. Nel 1946 pubblicò Misteri gaudiosi (quasi una dichiarazione di poetica), cui seguirono il romanzo In Australia con mio nonno (1947) e i racconti Lo zio prete (1951), opere in cui si precisa la sua religiosità serena percorsa da un vivace humour. La sua opera più nota è il romanzo Il velocifero (1965), storia d’ambiente milanese che fa rivivere figure, oggetti, interni domestici tra fine ’800 e primo ’900. Interessante, dopo Orfeo in paradiso (1967, premio Campiello), Non sparate sui narcisi (1971), Come se (1973), soprattutto Il Mandragolo (1979), in cui l’angoscia della morte viene esorcizzata in chiave fantastico-grottesca e l’impasto fra sostrato dialettale e lingua colta raggiunge...

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